Francesco Rizzo
L'America è la terra delle opportunità e allora perché non offrire quella di giocare nella nazionale di volley degli Stati Uniti? Basta digitare l'indirizzo internet di Usa Volleyball, la federazione a stelle e strisce, e consultare il modulo alla voce «Playing for Team Usa». Requisito fondamentale, essere cittadini statunitensi: parrà banale ma il sito lo mette bene in chiaro... Stamane in Giappone l'Italia affronta gli yankee nella quarta partita del mondiale (ore 9.55, diretta Rai 3) e dovrà vedersela con gli eredi di Kiraly e Timmons, olimpionici a Los Angeles nella squadra allenata da Doug Beal, e poi a Seul. Tutti mostri sacri passati a illuminare il nostro campionato. Pure gli Usa di oggi contano su gente che ha giocato o gioca da noi, come Donald Suxho, palleggiatore di Montichiari o Jim Polster, martello di Vibo Valentia. E fra i loro compagni c'è chi trascorre la stagione in club russi o turchi. Negli Stati Uniti il volley si pratica nei licei e nelle università: non esiste un vero campionato professionistico. Così, finita la scuola, o si passa al beach o ci si esibisce la domenica. Al parco. I più bravi vanno all'estero: Ryan Millar, oggi nostro avversario, ha trascorso sei stagioni in Italia, poi ha accettato di fare l'assistente allenatore all'università di Brigham Young, ma in nazionale vuole murare fino a Pechino 2008. Tim Kelly è invece da tempo in affari: fa il procuratore.
E così, il ct della nazionale Usa, il neozelandese Hugh McCutcheon, sceglie chi convocare studiando partite di college e di campionati europei ma non solo: sono periodicamente organizzate selezioni cui qualsiasi giocatore può candidarsi. Purché paghi di tasca propria una tassa di ammissione e la trasferta.
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