Anche lItalia dellarte ha una sua storia ufficiale, incrociata da una miriade di strade parallele. Pur essendo spesso altrettanto validi e intriganti, al momento delle celebrazioni ufficiali i percorsi alternativi vengono completamente dimenticati o, forse, deliberatamente ignorati. Se il 2009 è stato il centenario del Futurismo, padre di tutte le avanguardie, che il Paese ha assunto a modello condiviso dopo un lungo ostracismo della critica di sinistra che ne aborriva i proclami bellici e la vicinanza con il fascismo, per i 150 anni dellUnità i festeggiamenti in campo artistico si concentreranno soprattutto su due momenti chiave dellultimo secolo e mezzo: per l800 le pitture risorgimentali (a Torino il 17 marzo si riaprirà, integralmente restaurato, il Museo del Risorgimento), mentre per il 900 ci troveremo di fronte allennesima esaltazione dellArte Povera, ultimo successo di gruppo e, soprattutto, espressione ufficiale del 68 che non smette di dettar legge e stabilire chi è dentro e chi fuori.
Ma quanti pittori e artisti irregolari, solitari, introversi, sono stati sacrificati sullaltare del pensiero dominante? Pensando al periodo intorno al 1861, a esempio, non si parla più di Federico Faruffini, anello di congiunzione tra la pittura neoclassica e la Scapigliatura, morto suicida a Perugia poco più che trentenne. Proprio gli Scapigliati, malinconici e lunari, non sembrano muovere grandi entusiasmi, eppure Daniele Ranzoni e Mosè Bianchi risultano autori raffinati e misteriosi, vicini ai coevi esperimenti letterari. Neppure il Simbolismo, nella versione italiana, verrà celebrato come si deve: così il prezioso Matteo Olivero, cuneese, che visse una breve esistenza tormentata e dipinse le sue montagne in assoluto isolamento. E che dire degli Orientalisti, che furono di gran moda nella Parigi di metà 800, oggi pressoché dimenticati, come il grande Alberto Pasini, milite nella prima guerra dindipendenza, decorato con la Legion dOnore a Parigi nel 1878, vero e proprio avamposto italico di questa corrente.
Del primo 900 passa soprattutto il Futurismo e dintorni, anche se il movimento, dispersosi in innumerevoli scuole regionali, si è alla lunga annacquato. Finisce in secondo piano lesperienza dellastrattismo lombardo sorto intorno alla galleria Il Milione (Veronesi, Rho, Reggiani), mentre per tornare alla figura non verrà ricordato a dovere lo straordinario talento di Mario Cavaglieri, isolatosi in una pittura antimanierista e ricchissima, che aveva per soggetto prediletto le donne («il pittore del 900 che amo di più», ha scritto di lui Vittorio Sgarbi).
Altra corrente pressoché dimenticata dallItalia unita è il Fauvismo di Gino Rossi, unico tra i nostri a tentare un confronto con Gauguin e Van Gogh. Soffrono soprattutto quei pittori figurativi inclassificabili e demodè, come Leonardo Cremonini, scomparso appena un anno fa, in collezione al MoMA di New York e trascurato dai nostri musei. Oppure, su tuttaltro versante, resta ancora tutto da esplorare il genio anarcoide del pistoiese Fernando Melani, che realizzava poetiche installazioni con materiali di scarto.
Quello che negli anni 50 era stato il movimento pittorico per eccellenza, ovvero lInformale, è oggi bollato alla stregua di una tendenza di seconda mano, scopiazzata dai francesi e dagli americani. A eccezione di Vedova e Afro, i nostri pittori gestuali, alcuni di ottima qualità come Piero Ruggeri e Mario Raciti, non trovano posto nel gotha dellattuale ufficialità. Pressoché dimenticata la Pop milanese, a eccezione del primo Enrico Baj: Emilio Tadini e Bepi Romagnoni, ai vertici negli anni 60, sono stati spazzati via dallArte Povera e persino il genio irregolare e irriverente di Aldo Mondino fatica a trovar spazio dopo la morte, avvenuta nel 2006. Allo stesso modo non si parla più delle derivazioni surreali sostenute negli anni 70 dal critico Luigi Carluccio in strenua opposizione al dominio del concettuale: lartista intellettuale Italo Cremona, il gruppo dei Surfanta, il realismo magico di Gregorio Sciltian.
Oggi, peraltro, alla domanda su quali siano gli artisti in cui possa riconoscersi unidentità italiana, la risposta batte sempre sugli stessi nomi: Cattelan, Vezzoli, la Beecroft e pochi altri.
LItalia disunita dellarte non farà eccezioni neanche stavolta, per i suoi 150 anni.
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