da Milano
Con efficace sintesi giornalistica, il Wall Street Journal ha coniato la definizione di «United States of subprime», tanto per dare la misura dellestensione del contagio provocato dalla crisi dei prestiti ad alto rischio. Un virus di cui lAmerica, secondo lautorevole quotidiano, non si libererà probabilmente fino al 2009. La Borsa di New York, però, in un primo momento è sembrata non curarsene. Lottimismo di quanti coniugano le aspettative di un nuovo taglio dei tassi con un atterraggio morbido delleconomia, ha fatto marciare ieri gli indici a passo di record prima della frenata finale (il Dow Jones ha ceduto lo 0,45% e il Nasdaq l1,4%), mentre leuro mostrava i muscoli (picco a 1,4239 dollari, non molto distante dal primato di 1,4283) in seguito alle preoccupazioni sullinflazione espresse dalla Bce nellultimo Bollettino mensile.
Gli ultimi dati macroeconomici e societari Usa confortano del resto lipotesi di uno scenario soft, in cui la stagione delle relazioni trimestrali - temutissima per buona parte dellestate - non dovrebbe riservare amare sorprese, anche se Morgan Stanley ha ammesso di aver bruciato in un solo giorno, a causa della crisi del credito, 390 milioni di dollari, e Goldman Sachs ha dichiarato di averne persi oltre 100 in sei giorni. Cattive notizie almeno in parte disinnescate dallannuncio di una revisione al rialzo degli utili da parte di un colosso del calibro di Wal-Mart, accolto come la conferma che il pilastro dei consumi privati è saldo. La tenuta del mercato del lavoro, certificata nei giorni scorsi dalle robuste correzioni in positivo dei posti di lavoro creati tra luglio e settembre e dal calo delle richieste di sussidio nellultima settimana, è il cemento che sorregge quel pilastro. Più rischioso, invece, è puntare su unulteriore manovra di ammorbidimento da parte della Federal Reserve nella riunione prevista il 30 e 31 ottobre. Proprio il buono stato di salute del mercato del lavoro potrebbe convincere il presidente della Fed, Ben Bernanke, a rinviare ogni decisione di politica monetaria e mantenere i tassi fermi al 4,75%.
Un altro ostacolo alla riduzione del costo del denaro è costituito dal dollaro: un taglio dei tassi indebolirebbe ancora il biglietto verde, finendo per aumentare spinte inflazionistiche non trascurabili in un momento in cui, tra laltro, il petrolio è tornato a sfiorare i massimi storici (83,55 dollari il barile ieri). In compenso, il deprezzamento della moneta Usa fa bene alla bilancia commerciale, il cui deficit è sceso in agosto a 57,59 miliardi dai 59 del mese precedente. In miglioramento anche il passivo del bilancio federale, calato a 163 miliardi di dollari nellesercizio 2006-2007. La Bce è intanto tornata a sottolineare nellultimo Bollettino di essere «pronta a contrastare i rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi».
Wall Street a passo di record (ma poi frena)
Leuro sfiora il primato assoluto dopo lallarme inflazione lanciato dalla Bce
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