MA A WALTER BASTAVANO DUE AUTORI

Il bello è che si pensava che uno dei problemi della televisione di oggi fosse sintetizzabile in questo luogo comune: non ci sono più autori. Adesso, causa il festival di Sanremo di quest’anno, si scopre che in realtà ce ne sono fin troppi. Solo che partoriscono battute e idee inversamente proporzionali, per qualità e fantasia, al numero di persone ingaggiate per allestire una trasmissione. Uscendo per un attimo dal terreno sanremese, e allargando l’orizzonte a tutto il panorama televisivo, non è difficile scoprire che nel corso degli anni si è assistito a uno strano fenomeno per cui, a mano a mano che aumentava il numero di autori necessari a confezionare una trasmissione televisiva, diminuiva di norma il tasso di originalità, gradevolezza e divertimento. Prendiamo ad esempio in esame i titoli di testa di qualunque programma di intrattenimento, tanto per circoscrivere il discorso a un genere popolare e ricorrente. Dopo la scritta: «un programma di...» segue in genere un elenco chilometrico di nomi che costringe la grafica a voltare frequentemente pagina, per tenere dietro non solo all’elenco degli autori veri e propri ma anche dei «collaboratori ai testi», consulenti, supervisori, per non parlare della strepitosa figura dell’«ottimizzatore», qualifica che non è chiaro se si riferisca a chi ha la pretesa di rendere ottimo un programma che ci accontenteremmo fosse almeno discreto, o identifichi invece un ottimista che tenta di rincuorare conduttori e redazione depressi dal prodotto dei loro sforzi. Ora, dopo aver osservato con inevitabile sconcerto questi titoli di testa, confrontiamoli con quelli di programmi che sono rimasti nella storia della nostra televisione. Accanto al titolo Canzonissima leggerete: un programma di Terzoli e Vaime. Recuperate la grafica di Studio Uno e scoprirete che pur dovendo sfornare copioni a gente come Walter Chiari era firmato da Falqui e Sacerdote, mai lamentatisi di sentirsi troppo soli. Scorrete la presentazione di Un due tre: per servire battute divertenti a Tognazzi e Vianello bastavano Scarnicci e Tarabusi; ad Alighiero Noschese, per preparare i numerosi testi delle sue imitazioni a Doppia coppia, bastava affidarsi ad Amurri e Verde; Marchesi e Metz non avevano bisogno di tanta altra gente intorno per allestire programmi intelligenti e spiritosi come Bambole non c’è una lira o Chi ti ha dato la patente?.

Adesso succede che qualunque comico, conduttore, co-presentatore si porta dietro «i suoi autori», dando vita a guazzabugli assembleari che rendono spesso assai poco omogeneo e calibrato lo stile di un programma. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, ma finché non verrà riportato un po’ di ordine sarà difficile recuperare la qualità perduta.

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