Waters e un concerto d’altri tempi

In scaletta «Wish you were here», «The dark side of the moon» e una «Lettera» contro Bush e Blair

Simone Mercurio

«Una volta la musica si scriveva su pezzi di carta, adesso viene mantenuta viva dalle registrazioni e dalle esecuzioni dal vivo». A parlare è Roger Waters, uno che ne sa qualcosa di musica dal vivo e che negli anni d’oro dei Pink Floyd, di cui era bassista e mente, ha indiscutibilmente lasciato il segno con monumentali esecuzioni live che hanno marchiato a fuoco la storia del rock. La caduta del muro di Berlino nel 1989, tanto per dirne una, è ricordata oggi, indelebile, proprio con quella Another brick in the wall e quel live tenuto proprio sotto il bastione appena demolito, simbolo per tanti anni della separazione fra Est e Ovest del mondo. I tempi sono cambiati, ma la situazione del pianeta, per Roger Waters, ha sempre bisogno dell’urlo indignato del rock. Ecco dunque un tour che, partito in Italia dall’Arena di Verona, approderà venerdì sera allo stadio Olimpico. Dopo la parentesi operistica di Ça Ira, Waters torna dunque al rock, al suo rock, quello dei Pink Floyd. Per l’occasione, in perfetta coerenza con la sua storia e quella della band, il bassista ripropone parte di Wish You Were Here e The Dark Side Of The Moon, con un concerto che vuole essere un urlo feroce e straziante del rock contro la guerra, in particolare conto quella in Irak. E con questo obiettivo, c’è in scaletta del live anche una canzone-lettera, scritta proprio per questo tour, dal titolo Leaving Beirut e rivolta a Blair e Bush, nella quale Waters racconta di un suo viaggio a diciassette anni nei Paesi arabi. Immagini, proiezioni, luci, fumo e quant’altro, condiranno dunque, alle spalle dell’ex Pink Floyd, un menu musicale che si fa multisensoriale proposto come denuncia agli orrori della guerra. Canzoni come The Final Cut o come The Gunner’s Dream, che saranno eseguite fra piogge laser o papaveri rossi che contrasteranno col grigio inquietante dei paesaggi rappresentati nei video. Negli occhi dei fan romani c’è ancora il concerto di marzo del «gemello» floydiano di Waters, David Gilmour, voce e chitarra della storica band. Prim’ancora, quasi un anno fa al Live 8 contro la fame e povertà in Africa, c’era stata la reunion dei Pink Floyd solo per una sera. Nessuno si era illuso, la manciata di brani suonata dal quartetto al gran completo non avrebbe aperto la strada a una riunificazione.
Fra esplosioni di luci, fuochi d’artificio, il concerto di Waters a Roma segna invece un ritorno dentro al sogno visionario dei Pink Floyd, compreso il maialino in volo tra le ciminiere, come sulla copertina del disco Animals. Un ritorno allo show a 360 gradi, come nella sua storia ci aveva abituati la band.

Venerdì sera l’Olimpico sarà il tempio della liturgia laica dei Pink Floyd con Waters che, nella seconda parte dello show, eseguirà ininterrottamente l’album storico The dark side of the moon, il lato oscuro della musica, ancora per un viaggio musicale dei Floyd, o di ciò che ne rimane, nell’inconscio e nel cuore nero del mondo.

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