Un pungente e amaro filosofo francese del Settecento consigliava alle donne di sposare un uomo povero: perché, semplicemente, un uomo povero è «quelquun qui pense tous les jours à gagner de largent», uno che pensa in continuazione a come fare soldi. E quindi - per certo - li farà. Tale atto di fede doveva proprio essere frutto di uno dei rari momenti di ottimismo di Chamfort e ad ogni modo, se oggi volete seguire il suo consiglio, cercatevi un marito che sappia smanettare su Internet. Avrà maggiori chances, se non di arricchirsi, di portare a casa almeno la pagnotta.
Poiché Internet - la buona novella labbiamo oramai imparata a memoria - è il nuovo Rinascimento, anche economico: il web, recitiamo a dovere, favorisce la libera e forse democratica circolazione delle idee e dei saperi. Tutti possono avere gratis i loro redditizi 15 minuti su Youtube; e, come nel passaggio dai castelli ai comuni, i ponti levatoi non esistono più: laccesso e la condivisione delle informazioni è alla portata di ciascuno o quasi. Certo, ci sono gli amish e alcune comunità autogestite, ma sono luoghi faticosi, sebbene lì le ragazze abbiano in viso una timidezza inusuale e affascinante, mica come le scostumate del web.
Bene. Però che dire di coloro per i quali la Rete non è stata occasione di crescita e occupazione, ma anzi di perdita di lavoro e di uno smottamento quasi traumatico di valori e comportamenti? Parliamo di alcune fasce del ceto medio e anche di quei professionisti «tradizionali» che, dopo larrivo di internet, non sono riusciti a stare al passo coi tempi.
Parliamo, a un livello più macroscopico, di quel gap dellinnovazione che Enrico Grazzini - autore dellaccurato saggio Leconomia della conoscenza oltre il capitalismo. Crisi dei ceti medi e rivoluzione lunga (Codice edizioni, pagg. 276, euro 15) - indica come probabile rischio per unEuropa sempre più serrata tra la concorrenza hi-tech degli Stati Uniti da una parte e di Cina, India, Giappone dallaltra. «Lo scenario - ci spiega Grazzini - è quello in cui la nuova economia della conoscenza sta entrando drammaticamente in contraddizione con la struttura proprietaria, autoritaria e gerarchica del capitalismo industriale e anche, non sottovalutiamo questo, in conflitto con lirrazionalità generatrice di caos e insicurezza del capitalismo finanziario dominato dalla speculazione. LItalia, che investe poco in ricerca e sviluppo, non può permettersi di restare indietro».
Occorrerà tuttavia non rimanere ancorati a un concetto tradizionale di lavoro, la knowledge economy rappresenta infatti sia una minaccia, sia unopportunità per il ceto medio. «Il passaggio dal fordismo al postfordismo, però - continua Grazzini -, sta destabilizzando le figure intermedie, tecniche o amministrative, e persino i quadri e le figure manageriali. Internet facilita i rapporti diretti e emargina gli intermediari tradizionali: i biglietti aerei, i computer e i libri si possono comprare on line, saltando le agenzie e le persone fisiche. Ma parallelamente la Rete permette ai knowledge workers di ricevere più informazioni aggiornate e di avere rapporti personalizzati più avanzati con i clienti. E consente la collaborazione di massa, come Wikipedia. Vincerà chi riuscirà a riposizionarsi come intermediario più avanzato e a sfruttare lintelligenza collettiva della rete. Non è detto che tutti ce la facciano, ma è un passaggio obbligato e dipenderà soprattutto dalla capacità degli Stati e dei sistemi formativi di riqualificare le persone. Leconomia di internet non avrà lo stesso impatto tragico dellautomazione che ha estromesso dalla fabbrica un numero enorme di lavoratori, ma il ceto medio, oggi in difficoltà, dovrà per forza adeguarsi alle nuove forme produttive della rete, sia cooperative che competitive. I professionisti tradizionali sono a rischio: è nella natura di internet che sopravvivano i più avanzati e flessibili, mentre non funzionano più le protezioni delle organizzazioni e delle gerarchie consolidate».
Tutto ciò era già argomento di un piccolo libro culto di Franco Berardi (Bifo), La fabbrica dellinfelicità. New economy e movimento del cognitariato (DeriveApprodi): vi si parla di quei lavoratori cognitivi nei cicli ad alta tecnologia che, appagati e pseudofelici, nonché complici dellopera di sfruttamento inerente la globalizzazione, sono in realtà attori infelici di un cambiamento profondo dove però «il vincitore non vince niente». Saranno gli stessi lavoratori a cui Silvia Zanella, marketing manager di Monster, la più grande società che si occupa di ricerca del personale su internet in Italia e al mondo, si rivolge nella sua recente e di successo Guida al lavoro (Mondadori)?
«Il ceto medio - dice Zanella -, quindi i professionisti, i quadri, i dirigenti, non possono non tener conto di uninfosfera sempre più ampia che mette a repentaglio unautorevolezza che non sia realmente fondata. Internet ha reso tutto più competitivo: è, nella società dellinformazione, il punto di frattura storico, il discrimine darwiniano nei progetti di selezione del personale. Se come canale di reclutamento ha favorito molti, eccetto grandi dirigenti e operai, dando la possibilità di sapere, per esempio, le offerte di lavoro senza aver conoscenze allinterno delle aziende, e di sottoporsi a un processo di selezione più trasparente, ha anche però messo in difficoltà quelle piccole e medie imprese italiane che, non strutturate, qualche volta vedono ancora internet come strumento ludico, e non di snellimento e sviluppo dei processi aziendali».
Ottimista con giudizio anche Massimo Lolli, manager e autore di un romanzo su di un dirigente che ha perso il posto di lavoro (Il lunedì arriva sempre la domenica pomeriggio, in uscita a febbraio per Mondadori): «Il precariato del ceto medio fa il suo debutto nel 1992. In quellanno leconomia entra in un ciclo negativo e, per la prima volta, sono i colletti bianchi a pagare dazio. In Italia dirigenti e impiegati vengono estromessi dalle grandi organizzazioni di impresa, impegnate nella nuova sfida del dimagramento. Ma quello era ancora un mondo nel quale la disgrazia può diventare loccasione per un nuovo lavoro, una nuova vita, e nel disagio si riscoprono pure affetti e interiorità. Oggi è diverso.
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