Welfare, sconfitta la sinistra radicale

Rifondazione si arrende. Il Polo: resta una controriforma. Oggi la fiducia alla Camera. Angius: "Governo inaffidabile". Rifondazione: non ci teme più nessuno

Welfare, sconfitta la sinistra radicale

Roma - Ritorno all’intesa con sindacati e imprenditori e cancellazione di quasi tutte le modifiche concordate con la sinistra comunista, a partire da quelle sulle pensioni e sui contratti a termine. Alla fine la coperta troppo corta ha lasciato al freddo soprattutto l’ala estrema della maggioranza.
Il governo ha scelto di mettere la fiducia sul disegno di legge sul welfare e ha ripresentato un testo molto simile a quello uscito da Palazzo Chigi, sacrificando quasi tutte le novità che erano spuntate alla commissione Lavoro della Camera. Scelta che ha messo in difficoltà Rifondazione comunista. Il partito di Franco Giordano, dopo una sofferta segreteria, ha deciso che questa sera non negherà il suo voto, ma ha chiesto al governo una verifica in gennaio. Insoddisfazione della quale si è fatto interprete anche il presidente della Camera Fausto Bertinotti, che ha parlato di un voto di fiducia che crea «difficoltà» tra il Parlamento e l’esecutivo.

Soddisfatto, invece, Lamberto Dini. Il leader dei liberaldemocratici ha incassato la «grande sconfitta» di Rifondazione comunista. Poi, presentando il nuovo gruppo alla Camera con Willer Bordon, ha tirato le somme: «Se si chiede un cambio del quadro politico, significa che non c’è più una maggioranza sicura». Toni che non sono piaciuti a Palazzo Chigi, tanto che fonti vicine a Prodi si sono affrettate a precisare come non ci siano stati «né vincitori né vinti».
L’ex premier ha incassato le novità in tema di previdenza. Un maxiemendamento al disegno di legge sul welfare reintrodurrà il tetto di 80 turni di lavoro notturno per ottenere lo status di usurati e quindi l’esclusione dall’aumento graduale dell’età pensionabile previsto dallo stesso provvedimento. Una novità che - anche secondo il ministero dell’Economia - avrebbe comportato un ulteriore aumento dei costi della già onerosa abolizione dello scalone Maroni.

Una vittoria del riformismo? Tesi che non convince il centrodestra. «È comunque un significativo regresso rispetto alle riforme del lavoro e delle pensioni varate dal governo Berlusconi», ha commentato l’azzurro Maurizio Sacconi. Il fatto è che con l’abolizione dello scalone, che avrebbe portato subito l’età pensionabile a 60 anni, ha osservato lo stesso ex ministro Maroni, oggi capogruppo leghista alla Camera, «i costi vengono pagati da chi adesso lavora».
Modificata anche la parte che riguarda i contratti di lavoro a termine. Torna il testo concordato con le parti sociali: superati i 36 mesi, potrà esserci una sola proroga, ma a decidere la durata saranno sindacati e associazioni datoriali. Novità «positiva», ha commentato il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei.

Degli emendamenti presentati dalla sinistra radicale sopravvive solo l’abolizione dello

staff leasing, contratto previsto dalla legge Biagi. Restano anche le deroghe all’abolizione del «lavoro a chiamata» (job on call) per il turismo e lo spettacolo, che però non faceva parte delle richieste della sinistra.

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