Con lassoluzione del governatore calabrese Agazio Loiero arriva lennesima spallata allimpianto accusatorio dellinchiesta «Why Not», aperta dallex pm del capoluogo calabrese Luigi De Magistris, oggi europarlamentare dellItalia dei valori. Il giudice per ludienza preliminare Abigail Mellace ha assolto buona parte degli imputati che avevano chiesto il rito abbreviato, come lo stesso Loiero e lex governatore calabrese Giuseppe Chiaravalloti (prosciolto), ha emesso otto condanne e rinviato a giudizio meno della metà degli altri indagati. Tra i 34 assolti lex governatore calabrese Giuseppe Chiaravalloti, il capogruppo regionale del Pdl Pino Gentile, gli ex assessori Gianfranco Luzzo e Pasquale Maria Tripodi e altri politici coinvolti a vario titolo.
La condanna maggiore, a due anni di reclusione per il reato di abuso, è stata inflitta allimprenditore ed ex leader della Compagnia delle Opere, Antonio Saladino, che ha rappresentato il principale imputato del processo. Tutti i condannati, nessuno dei quali ha ruoli politici, hanno ottenuto la sospensione condizionale della pena.
Il rinvio a giudizio più «pesante» è quello del plenipotenziario Pd Nicola Adamo, capogruppo democrat in Regione e uomo forte della giunta Loiero, che dovrà presentarsi davanti a un giudice il prossimo 9 giugno assieme al consigliere regionale Francesco Morelli (Pdl), lex deputato Udeur Ennio Morrone e gli ex assessori regionali Dionisio Gallo (Udc) e Domenico Basile (Pdl). Sarà giudicato anche Antonino Gatto, imprenditore calabrese noto per essere presidente di una grande società della grande distribuzione in Italia.
«Sono sollevato», ha detto Loiero, che in caso di condanna sarebbe stato costretto a lasciare la corsa alla rielezione, per sua stessa ammissione. «Sapevo di essere innocente, sono stati due anni di calvario indicibile». Poi laccusa a De Magistris: «In Calabria cè una sparuta pattuglia di pm che mette sotto accusa i politici per sostituirli attraverso inchieste immaginarie». Di vittoria a metà parlano i sostituti procuratori generali della Repubblica di Catanzaro, Massimo Lia ed Eugenio Facciolla, che hanno ereditato laccusa: «Ci sono cose che condividiamo, altre no.
felice.manti@ilgiornale.it