E adesso chi continuerà a dire che la provincia è più sicura e protetta delle metropoli? Chi insisterà a credere che lontano dalle grandi città si conduce «una vita tranquilla », al riparo da pericoli e timori inquietanti? A Brembate Sopra, un paesino a dieci chilometri da Bergamo, da tre giorni non si hanno notizie di una ragazzina di tredici anni, di nome Yara Gambirasio, giovane promessa della ginnastica ritmica. Come fa a non venire alla mente la tragedia di Avetrana... Il turbamento nel quale ci ha gettato la vicenda di Sarah Scazzi è dietro l’angolo. E si spera e si prega e ci si danna affinché il finale sia diverso. In un normale pomeriggio d’autunno, Yara esce dal palazzetto dello sport per tornare a casa, settecento metri più in là. E in quel tragitto si dilegua. Nella sua vita non c’è nulla che faccia pensare a un colpo di testa o alla voglia di fuggire. Va bene a scuola, ha tanti amici, «è buona come il pane», assicura la madre, maestra nell’asilo nido del paese. Per lei e per suo marito ora il buio è una tenebra spaventosa. Spensierata e sorridente come Yara, Sarah di anni ne aveva quindici. In un normale pomeriggio di fine agosto esce di casa per andare al mare e percorre qualche centinaio di metri alla volta della casa della cugina. Da quel giorno sono trascorsi esattamente tre mesi quando, venerdì scorso, si perdono le tracce di Yara. E da quel 26 agosto, mentre gli inquirenti continuano a indagare per sciogliere una matassa sempre più aggrovigliata, le televisioni trasformano la realtà in moviola del dolore, continuando a attingere al pozzo di meschinità e abiezione per battere record di ascolti e di cinismo. Laggiù abbiamo ritrovato il profondo Sud, fatto di miserie e ignoranza, genitori contadini e mezzadri, testimoni di Geova e gelosie giovanili. Un brusco risveglio su un mondo retrogrado che si pensava rimasto nei libri di Giovanni Verga. E che ora si è aggiornato con gli eccessi e il degrado di una Twin Peaks sottoproletaria. Dove la televisione, regalando quarti d’ora di celebrità all’ultima delle comparse,omologa e riscatta allo stesso tempo. Nella provincia lombarda, non ricca da giustificare sequestri e richieste di riscatti, ma più acculturata e decorosa, la cornice è diversa. La madre maestra d’asilo,il padre geometra in un’azienda locale. Altri tre fratelli. Yara indossa i fuseaux neri che vanno di moda tra le sue coetanee. Alle istruttrici di ginnastica consegna lo stereo per la gara che avrebbe dovuto svolgersi ieri. Su Facebook il gruppo nato per ritrovarla conta già 1500 iscritti. Anche per Sarah la rete si era mobilitata nel tentativo di aiutare le ricerche. Qui, nella Brembana Bergamasca, ora si setacciano le campagne, si controllano casolari e si ispezionano pozzi e cascinali. E se la cornice è diversa, tuttavia le paure sono le stesse. Avetrana e Brembate Sopra contano entrambi settemila abitanti. È un’altra analogia casuale in questa provincia italiana. Dove le adolescenti si chiamano Sarah con l’acca finale, aggiunta al nome di battesimo registrato all’anagrafe, o Yara con la ipsilon. Una onomastica globalizzata, esoticheggiante, derivata dalla televisione e dal cinema, che nasconde ambizioni di internazionalità e successo. Grandi sogni e routine di periferia. Mediocrità quotidiane e miraggi. Invece la provincia felice è un sogno infranto. Il ritornello di «scappo dalla città» non funziona più. Non funziona più la scommessa sul rifugio dalle ansie, sul territorio immune dalle turpitudini che attraversano questo tempo senza isole felici. Si è sempre detto che sì, i grandi centri urbani nascondono tante insidie perché sono il ricettacolo di traffici loschi, vite notturne e malaffare, etnie diverse e integrazioni difficili. Ma la provincia...
Lì la vita scorre a misura d’uomo,le famiglie sono più sicure, i figli possono crescere in pace... A Brembate Sopra domani arriveranno le telecamere di Chi l’ha visto? La geografia della «vita tranquilla» è tutta da ridisegnare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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