Internet para todos è lo slogan che Yoani Sánchez ha inciso sulla porta di casa, un piccolo appartamento in un casermone di cemento a l’Avana. Trentacinque anni, minuta, capelli lunghi, una laurea in Filologia e la sconfinata passione per la tecnologia: Yoani è la dissidente cubana più famosa della rete. Il suo blog, Generación Y, è «ispirato alla gente come me, con nomi che cominciano o contengono una “y greca”. Nati nella Cuba degli anni ’70 e ’80, segnati dalle scuole al campo, dalle bambole russe, dalle uscite illegali e dalla frustrazione». Tradotto in 20 lingue (in Italia arriva grazie al giornalista della Stampa Gordiano Lupi), Generación Y non è un passatempo. È una battaglia civile, in un Paese dove il collegamento Internet è fornito dal governo solo a grandi alberghi, alle ambasciate, agli stranieri residenti e, ovviamente, ai fedelissimi. Con una velocità di connessione ridicola (56k) e un costo improponibile per un normale cubano (l’accesso a Internet ammonta a 6 pesos all’ora, il salario medio mensile non arriva ai 20 pesos), essere blogger a Cuba è un (serissimo, talvolta pericoloso) mestiere. «Lavoriamo in nero per integrare lo stipendio e poterci comprare, sempre in nero, ore di connessione», racconta Yoani che questa sera, salvo imprevisti dell’ultimo momento determinati dalla censura castrista, sarà in collegamento telefonico con la Triennale di Milano per un evento organizzato da Wired Italia nell’ambito della campagna per l'assegnazione del Nobel per la Pace a Internet (ore 18, ingresso libero). Scelta come ambasciatrice ufficiale della campagna, Yoani racconterà particolari della sua vita da attivista antigovernativa, quali il lavoro in nero come guida turistica per racimolare i soldi necessari a entrare in uno degli alberghi del centro ottocentesco dell’Avana tirato a lucido per gli stranieri e bandito ai cubani. Obiettivo: una connessione wi-fi, «unico modo per proteggere i nostri dati» e raccontare la realtà di Cuba al mondo.
Emigrata in Svizzera, poi tornata a Cuba nel 2004 per motivi familiari e da allora mai più uscita dall’isola (nonostante i premi internazionali conseguiti, il governo non le ha mai concesso il visto d’espatrio per ritirarli), Yoani ha subìto varie intimidazioni. A chi l’accusa di essere al soldo della Cia risponde rifiutando le allettanti proposte delle ambasciate straniere presenti nella capitale cubana, che le hanno più volte offerto gratuite e relativamente sicure connessioni wi-fi.
Il reporter Alessandro Scotti ha intervistato Yoani il mese scorso a l’Avana: il documentario dell’incontro sarà trasmesso questa sera quando saranno anche simbolicamente premiati gli alunni dell’accademia per blogger che Yoani e suo marito Reinaldo organizzano clandestinamente nel salotto di casa per un manipolo di coraggiosi giovani cubani. «La repressione - commenta la Sánchez - è una strategia antica, inadeguata all'evoluzione della tecnologia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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