Zacharias bacchetta «indiana» per la stagione del Quartetto

Pianista e direttore nato a Jamshedpur, ha trovato la sua vera strada in Germania

Zacharias bacchetta «indiana» per la stagione del Quartetto

Piera Anna Franini

Per un trasferimento di lavoro del padre, s’è trovato a nascere in India, a Jamshedpur (nel 1950), dove ha speso i primi due anni di vita, «in una casa traboccante di cultura», ricorda. Poi, il seguito è pressoché tedesco: studi alla Musikhochschule di Karlsruhe, residenza a Colonia, repertorio d’elezione e senso della discrezione.
Christian Zacharias non è l’artista dal nome eclatante, pronto a rilasciare fiumi di interviste. Non è un cultore della notorietà, è un fiore di serra, riservato ed elegante: nella vita e in arte. Da qualche anno Zacharias ama vestire il doppio ruolo di pianista e direttore, panni che indosserà oggi, in Conservatorio (ore 20.30), all’appuntamento inaugurale della stagione della Società del Quartetto. Dirige l’Orchestra da Camera di Losanna in un programma tagliato su misura: Quarta Sinfonia, Primo Concerto (quindi direzione dalla tastiera) e Suite dal balletto Le creature di Prometeo op. 43 di Beethoven.
Perché questa combinazione? «La Quarta appartiene alle Sinfonie del nostro repertorio, e figura tra le mie preferite. Poi si ritrova in perfetta sintonia, anche da un punto di vista della tonalità, con il Primo Concerto, meno inflazionato degli altri beethoveniani. Trovo poi semplicemente straordinaria la suite dal balletto Prometeo».
Se dovesse illustrarci le peculiarità dell’orchestra di Losanna?
«È un complesso veramente europeo, ha sede in Svizzera, ma raccoglie musicisti di tutt’Europa, Italia compresa. Vi sono musicisti dell’Est ma non più in là dell’Ungheria. Mancano americani e giapponesi, rispecchia quindi un sentimento mitteleuropeo. Il suono ha un calore che amo particolarmente... parliamo la stessa lingua. In questi anni di collaborazione ho potuto dare un mio apporto, trasmettere le mie idee, ad esempio il senso di libertà ritmica nel fraseggio, cosa che deriva direttamente dalla prassi pianistica».
Quando è iniziata l’attività di direttore?
«Nel 1992, a Ginevra, per un invito dell’Orchestre de la Suisse Romande. Poi iniziarono a moltiplicarsi le richieste. Nel 2000 è arrivata l’Orchestra di Losanna mi propose la direzione stabile, accettai».
Una direzione stabile non rischia di limitare l’attività di pianista?
«La permanenza quotidiana a Losanna di sicuro contrae la mia attività di pianista, però è una collaborazione che mi arricchisce: è piacevole sapere di poter costruire qualcosa di stabile. Il contratto scade nel 2008 ma credo che lo rinnoverò».
Direzione stabile in Svizzera e una collaborazione importante in Svezia, a Göteborg. E la Germania?
«Ammetto che in Germania non faccio granché. Lavoro molto di più qui, in Francia, Italia e Spagna... i casi della vita».
Cosa ci dice di questa sua esperienza svedese?
«La Svezia è un Paese moderno, eppure per certi versi, il senso dei valori per esempio, mi fa pensare ai nostri anni Sessanta. Lì, le orchestre hanno un carattere molto nazionale, per il 90% sono scandinave. Per uno come me che non ama l’internazionalismo è una delizia».
L’Italia dei tagli alla cultura guarda con invidia alla vicina Svizzera...


«È vero, e questa situazione la si ritrova anche in Germania e nei Paesi del Nord. Però pure in Svizzera, dove circolano più soldi ma la vita è più cara che altrove, le città iniziano a ridurre i sostegni alla musica. Anche in Svizzera è arrivato il momento di pensare a sponsor privati».

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