Da capostipite della nuova generazione dei leghisti di governo, l'esordio di Luca Zaia da ministro dell'Agricoltura «in pectore» è misurato, prudente, rispettoso. «Tutto si concretizzerà se il presidente del Consiglio mi metterà nella sua rosa dei nomi, con la conseguente nomina da parte del capo dello Stato». «L'etimologia della parola ministro è servitore, e chi assume questo incarico deve mettersi a servizio degli italiani». «Se sarò nominato, cercherò di entrare in punta di piedi». «Il Veneto è la prima regione italiana nei vini, nell'ortofrutta, nelle carni, ma sono cosciente che ci sono altre agricolture oltre a quella veneta». Come nelle migliori tradizioni democristiane, calma e gesso. Arriverà il tempo di mostrare i muscoli.
Perché il trevigiano Luca Zaia, 40 anni compiuti il 27 marzo scorso, varcherà pure in punta di piedi la soglia della capitale ma poi calzerà le «sgàlmare» sporche di terra e farà a modo suo. È giovane, determinato e con un certo bagaglio da amministratore: consigliere comunale a 25 anni, consigliere provinciale (col record di preferenze) e assessore all'agricoltura a 27, presidente della Provincia a 30, vicegovernatore della Regione e assessore ad Agricoltura e turismo a 37. La voglia di bruciare le tappe gli è costata cara l'anno scorso, beccato in autostrada da un autovelox a 193 orari (patente sospesa e 407 euro di multa). Antesignano della svolta vincente della Lega, quella di andare da soli: nel 2002 fu riconfermato alla guida della Provincia di Treviso senza l'appoggio di Forza Italia e Alleanza nazionale; al ballottaggio prese il 70 per cento contro il centrosinistra, varò un monocolore del Carroccio e festeggiò a modo suo, una grigliata gigante sul Montello con due tori da quattro quintali allo spiedo e diecimila persone a stappare prosecco.
Fu ribattezzato «Superzaia», adesso qualcuno lo chiama «File» per la memoria da computer. In effetti Zaia è un leghista-manager: abiti scuri, capelli lisciati, cravatta verde «solo se non stona». In Provincia trovò un bilancio di 100 milioni di lire per il suo assessorato e ne lasciò uno da due miliardi, gestione certificata da Fitch e Moody's. «Fin dal primo giorno - ricorda il sito internet lucazaia.eu (non .it) - ha avviato un processo di applicazione di management privato a un ente pubblico. Introducendo nei bilanci provinciali la finanza creativa: swap e rating.
Mai parlato di secessione, semmai di federalismo alla spagnola, tanto da proporre di trasformare la Marca in provincia autonoma sul modello della Catalogna (100mila firme in Cassazione per il referendum) «perché soltanto il 2,5 per cento delle nostre tasse poi ritorna nel territorio». Rare le guasconate sullo stile del conterraneo Giancarlo Gentilini, come quando acquistò sei asini da mettere a brucare lungo gli argini e le rotonde «per risparmiare sui tosaerba», o spedì nello spazio i semi di radicchio trevigiano su una navicella della Nasa. Ma come il sindaco-sceriffo, il futuro ministro è sempre in prima fila, sia che indossi la giubba gialla nei pattugliamenti notturni con le ronde padane per la sicurezza, di cui è un paladino, sia che debba aprire un cantiere alla guida di una ruspa: ha sostituito i semafori con 250 rotatorie, piazzando nel mezzo i rottami delle auto incidentate: i morti sulle strade sono scesi del 22 per cento.
Figlio di un meccanico, Zaia vive nel paesino dov'è nato, Bibano di Godega di Sant'Urbano, sinistra Piave. Diplomato alla scuola enologica di Conegliano e laureato in Scienze della produzione animale a Udine. Ha fatto il «pierre» per la discoteca Manhattan prima di entrare in politica, subito nella Lega e presto popolarissimo: un sondaggio del 2004 rivelò che era il presidente di Provincia più amato del Nord Italia.
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