Nell’ambiente dei portavoce ministeriali si dice che Luca Zaia, il titolare dell’Agricoltura, «si vende come un fustino di Dash». Metafora lirica per dire che è un autentico babà e con i giornalisti ci sa fare. Infatti, è un furbo da tre cotte.
Appena mi affaccio, sorride felice. Scatta con l’elasticità dei 40 anni appena compiuti, attraversa lo studio con la mano protesa, stritola la mia e dice: «Finalmente, ti conosco», col tono di chi mi aspetta dalla nascita. «Lieto di conoscere lei», contraccambio. «Non darmi del lei», ingiunge. Mi fa cenno di sedere e torna allo scrittoio. È alto, snello e in completo nero. Nel taschino ha il fazzoletto verde del leghista, pantaloni stretti da tanguero, capelli scuri all’indietro.
«Lo studio è cambiato», osservo, memore di altre visite a ministri pro tempore.
«Ho tolto le foto dei miei predecessori, molti defunti», dice.
«Ti facevano tristezza?».
«L’agricoltura ha bisogno di futuro. Metterò le foto di giovani che si occupano di produzioni di punta. Inarrivabili coltivatori di piante officinali, apicoltori, innovatori d’eccezione», si entusiasma con spiccata cadenza veneta.
«Svecchiare, insomma».
«Se pensi a un agricoltore americano te lo immagini come un figo e i nostri invece come degli incartapecoriti mediterranei bruciati dal sole. Stereotipi da buttare. Le nostre nuove leve sono da Vanity Fair».
«Tu stesso hai la silhouette di un torero castigliano».
«Magari. Adoro la Spagna. Hablo español».
«Olé».
«Gli spagnoli emanano passione per la loro terra come noi leghisti».
«Perciò, spagnoleggi».
«Non è ricercato, ma in Spagna mi prendono per spagnolo».
«Ci credo, hai capelli al gel. Un giornale della tua città, la Tribuna di Treviso, ti chiama er pomata».
«Una boiata. Non uso il gel. Li pettino con l’acqua e restano così», indica i capelli e scopre i polsini dell’elegantone.
«Ti secca più l’ironia o l’espressione romanesca er pomata?».
«Non mi secca. La satira aiuta a non prendersi sul serio. Guarda qui piuttosto. Sai cos’è?» e insiste perché esamini un barattolo che ha sullo scrittoio.
«Sembra chinotto», dico.
«Latte cinese. Lo tengo qui perché voi giornalisti ne parliate. Noi abbiamo latte meraviglioso e ci facciamo rifilare dalla Cina questa schifezza. Mi autodenuncio: ho rubato il barattolo durante un sequestro. Il più grande della storia della Cina, fatto dai miei Forestali a Napoli».
«Contento di fare il ministro?».
«Ringrazio per questa opportunità. Bella esperienza per chi, come me, ha sempre amministrato».
«Che ti piaccia si vede. Sei su tutti i giornali tra culatelli e bottiglie di vino».
«È il mio mondo. Sono enologo e laureato in Produzione animale».
«Cioè?»
«Economia applicata all’allevamento, pesce, carne, ecc. Non sono un ministro delle scartoffie. Vado nelle stalle, le tv mi seguono. Non è banalizzare il ruolo. È fare amministrazione. Chi non mostra, non vende».
«A 29 anni eri presidente della Provincia di Treviso».
«L’istituzione Provincia va rafforzata, non è inutile. Io, per esempio, ho fatto un mucchio di cose».
«Tra cui l’assunzione di sei asini brucaerba al posto dei falciatori per pulire le strade».
«A Treviso c’è una scarpata di tre chilometri. Falciarla costava 80mila euro l’anno. Ho pensato di acquistare asini. Costo cinquemila euro, più diecimila per il pastore».
«Risparmio secco».
«Con effetto emulazione. Oggi, anche i privati usano asini per le loro strade. A questo, si è aggiunta la gioia dei bambini nel vedere Caterpillar brucare. Era un cucciolo di asino che comprai con la madre. Oggi, è il beniamino».
«Le strade sono il tuo assillo anche per gli incidenti. Come ammonizione, hai messo i rottami delle auto sulle rotonde. Sadismo?».
«Treviso aveva il record degli incidenti, 197 morti l’anno. Dagli sfasciacarrozze ho preso i resti delle utilitarie, le più usate dai giovani, e li ho piazzati sulle rotonde. Ho fatto poi uno spot con una ragazza mutilata della gamba. Slogan: “A volte si rimane vivi”. Sottinteso: ma ecco come. Ha fruttato: oggi i morti sono 60-80 l’anno».
«Poi, ti sei fatto beccare a 183 all’ora. Patente ritirata per un mese».
«Ho fatto un errore. Settimane di prime pagine. Un polemicone da schifo. Ho fatto mea culpa iscrivendomi all’autoscuola per prendere la patente C, perché la B ce l’ho già. Di più non potevo. Vorrai mica che vada a Lourdes?», e colto da un improvviso mal di testa, trangugia un’aspirina direttamente da una bottiglietta di minerale.
Leghista da sempre?
«Sempre votato Liga Veneta. Bisogna vivere da noi per capire la volontà di ribellione di un popolo in difficoltà».
Sul blog hai la bandiera della Liga. Curioso per un ministro della Repubblica.
«Bah! Abbiamo 700 anni di storia della Serenissima. Prima democrazia europea, cosmopolita, mai guerrafondaia. Sul blog ho il gonfalone di Venezia non quello della Liga».
Qual è la differenza?
«Il gonfalone ha il leone di San Marco col libro aperto, segno di pace. Il leone della Liga ha il libro chiuso e la spada, simbolo di lotta».
Un ministro dovrebbe avere il tricolore.
«Il tricolore non c’è neanche sul blog di D’Alema che è stato presidente del Consiglio».
Ce l’hai, come Bossi, con l’inno di Mameli?
«Per noi, l’inno di Mameli è la colonna sonora della sinistra».
Quando mai?
«Col governo Prodi lo ha sbandierato per riaffermare l’unità d’Italia contro la nostra idea di federalismo».
Bossi le spara grosse.
«Ha visioni politiche come nessuno. Quindici anni fa diceva le cose che succedono oggi. La campagna contro i cinesi, contro le multinazionali, per il federalismo».
Agita la scissione, parla di Nord armato. Dicono che è colore. È così?
«Le uscite vanno lette nel contesto. Se serve, vanno messi i puntini sulle i».
Il cardinale Tettamanzi chiede più moschee, la Lega vuole l’alt. Lega e Chiesa su fronti opposti?
«Lega e una parte della Chiesa. Non mi risulta che sia tutta con Tettamanzi. Il Papa su molti temi è severo e noi condividiamo».
Maroni ce l’ha con i rom: impronte digitali, ecc.
«Non vedo il problema. L’obiettivo è la sicurezza. Ospitalità e rigore non sono in contraddizione».
Sei per le ronde padane.
«Ho fondato “Veneto sicuro”. Liberi cittadini che si comportano come buoni cittadini. Se vedi il ladro dal vicino, avverti, non ti giri dall’altra parte».
Hai invocato la pena capitale.
«È stato dopo l’assassinio di una coppia di anziani. Conosco il figlio, so il dolore che ha provato. Basterebbe l’ergastolo, se solo fosse applicato».
Ma hai salvato un albanese intrappolato nell’auto in fiamme.
«Treviso è ospitale. Ho messo uno sportello per gli emigranti, tredicimila richieste l’anno. Il punto è che fanno, sì, il quattro per cento del Pil, ma anche il 75 per cento dei carcerati».
Hai detto che l’ingresso Ue di Bulgaria e Romania «è imbarazzante». Razzismo?
«Mi riferivo all’agricoltura. Noi puntiamo all’eccellenza. Loro fanno alla carlona sul costo del lavoro, i controlli, ecc. Noi paghiamo il latte 36 centesimi il litro. Loro 19. Insostenibile».
Il Cav tifa per Turchia e Albania, paesi islamici, nell’Ue.
«La Lega è contraria. Conosco bene la Turchia e turchi contrari al fondamentalismo. Non c’è dubbio però che sia un Paese diverso. Deciderà Bossi».
Con un Al davanti - Al Zàia - potresti essere islamico.
«Siamo trevigiani da 15 generazioni. Prima del '500, non so. Forse, l’origine è dalmata».
Il Cav?
«È motivato e sulle cose. Il tutto sublimato da un rapporto consolidato con Bossi. In Consiglio dei ministri c’è una grande voglia di fare».
Veltroni?
«Lo conosco zero. Per noi del Nord, i Veltroni sono personaggi molto distanti».
L’Ue spesso sembra ostile all’Italia. Tu però hai ottenuto l’aumento delle quote latte.
«Per la prima volta, l’Italia è uscita vincitrice. Ho portato a casa quattro miliardi di euro e ricreato l’asse con la Francia».
È stato il bergamasco Pandolfi, oggi 81 anni, a fare il pasticcio del latte 23 anni fa.
«Col massimo rispetto per gli anziani, al suo posto mi vergognerei. Consumiamo venti milioni di tonnellate di latte, lui aveva fissato il limite di dieci milioni. Un insulto».
Con i suini alla diossina, si parla di sciopero dello zampone natalizio.
«Boiate».
Dici sempre di mangiare italiano. Qual è la tua dieta?
«Onnivora, ma italiana. Niente ananas, ma frutta delle nostre aziende. Se chiudono, saranno le multinazionali a decidere cosa mangeremo. Abbiamo 4.500 prodotti censiti. Ce n’è per ogni gusto. Consumate prodotti del territorio e di stagione».
Consigli per Natale, vini compresi?
«Intanto, non deve mancare il maiale. Cotechino, zampone, lenticchie. Non arrampicatevi come Indiana Jones per cercare prodotti esteri. Solo roba nostra, non rischierete cibi al ddt. Da ministro non posso consigliare i vini.
Cosa vuoi sotto l’albero?
«Salute e felicità. Il resto non serve a un cavolo», si accomiata Zaia. Chiusa con ortaggio da autentico ministro delle Risorse agricole.
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