Sarà anche vero che l’amicizia non è una categoria della politica, ma appare stravagante l’idea del pidino (si dice così?) Enrico Letta di elargire la sua «stima» solo a chi la pensa come lui. Così, Angelino Alfano, colpevole politicamente, e umanamente, di non voler scaricare Berlusconi, si è visto retrocedere da soggetto capace a poco più di soggetto liceale, quello per cui si può continuare, certo, ad avere «affetto» (lo si fa anche con i ragazzi disadattati), ma, santo cielo, non lo si può proprio promuovere... E quindi: «Bisogna che qualcuno spieghi ad Alfano che lui è il segretario del partito di maggioranza in parlamento, ha una responsabilità istituzionale»...
La sindrome professorale di Letta spiega meglio di un libro di politologia il problema che attanaglia l’opposizione. Vorrebbe che fosse la maggioranza a mettersi da sola in minoranza, ricevendo in cambio un attestato di intelligenza... Una volta si sarebbe detto «intelligenza con il nemico», cosa per la quale si andava sotto processo, poi al carcere militare di Gaeta e infine, se c’era un guerra, al muro. Ma, si sa, non sono più tempi duri e poi c’è l’obiezione di coscienza e siamo tutti democratici.
È anche questo a spiegare l’improvvisa considerazione di cui da qualche giorno godono parlamentari come Claudio Scajola e Beppe Pisanu, fino a ieri additati al pubblico ludibrio e d’improvviso considerati una via di mezzo fra Bismarck e Giolitti. Si spera sempre che un ribaltone o un ribaltino, vistane la statura politica e no, da loro messo in atto permetta quello che invano il partito di Letta e i suoi alleati cercano di ottenere: battere l’avversario in parlamento e, quando sarà, alle urne.
Va detto che fra i democratici, nel senso del partito, il complesso dello scorpione, ovvero il far fuori chi viaggia con te, è pratica corrente e quindi finisce per ottundere le menti. Occhetto, si sa, venne fatto eleggere segretario da D’Alema per meglio poterlo infilzare a tempo debito ed è dello stesso D’Alema la simpatica definizione «due flaccidi imbroglioni» coniata per l’accoppiata Prodi-Veltroni. E va ricordato che il povero Franceschini si ritrovò segretario solo perché i vari «amici» dentro il Pd non riuscivano a mettersi d’accordo su chi eleggere. Trovata la quadra, per usare un termine bossiano che piace anche a Della Valle, Franceschini fu messo alla porta nel nome di Bersani e della democrazia partecipativa.
Ora, Enrico Letta è persona per bene, non foss’altro che per meriti parentali (è il nipote di Gianni Letta): non si capisce dunque quale impulso lo debba spingere a rilasciare patenti di intelligenza non richieste. E va da sé che non stiamo parlando di un gigante né del pensiero, né dell’aula di Montecitorio, né delle piazze italiane.
In ultimo, ma non per ultimo, va segnalata comunque quest’altra caratteristica della lotta politica che si riassume nell’idea che se l’avversario viene da me, è un lucido patriota che ha capito la gravità del momento, se invece uno dei miei va nello schieramento opposto, è un verme intellettuale e per di più un corrotto.
È vero che questo tipo di valutazioni è bipartisan, ma è altrettanto vero che di «questione morale» è il centro-sinistra, o come diavolo si chiama, a farsi portatore, e quindi non dovrebbe transigere proprio sui principi primi. Gli altri sono schiuma della terra, ma qui ci sono i puri, gli ottimati, quelli che la sera leggono Kant in lingua originale. Non sono mica lì a pettinare la patonza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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