Zidane: «Pentito della testata a Materazzi»

Adesso stai a vedere che riuscirà a fregarci di nuovo. In fondo un piccolo coup de théâtre gli era già riuscito dopo il più famoso «colpo di testa» della storia dei Mondiali di calcio.
La storia la sanno tutti, ma è giusto dargli una rinfrescata. 9 luglio 2006, a Berlino si gioca la finale tra Italia e Francia. Dopo oltre 100 minuti di gioco, volano parole grosse tra Zidane, esasperato da una marcatura asfissiante, e Materazzi, Matrix risponde per le rime e Zizou, per non essere da meno, rifila una capocciata, manco fosse un caprone sardo, in pieno petto all’azzurro. Cartellino rosso, carriera finita come peggio non si poteva e tutti in umile attesa delle parole di scuse di un «campione a metà». Invece succede quello che non ti aspetti. Zidane non torna sui suoi passi, accusa Materazzi di aver detto nefandezze di ogni genere sul nome di madri e sorelle dell’algerino, va ospite in tv per raccontare la sua verità e la Francia intera, ferita nell’orgoglio dagli undici metri, trova in Zizou l’emblema dell’eroe post-moderno. Così come la Fifa che squalifica il franco-algerino per tre giornate per la capocciata e due giornate a Materazzi reo del nuovissimo fallo «di provocazione». E noi poveri ingenui, che pensavamo che Zidane non avrebbe più potuto mettere piede in Francia, abbiamo dovuto ingerire l’amaro boccone.
Adesso Zinedine ci riprova. A farci passare oltre che per cornuti anche per mazziati. Come? Semplicemente dicendo di averci preso in giro per due anni, di essersi sbagliato, ancor più di essersi pentito per quell’assurdo gesto. Meglio tardi che mai. Forse sì, forse no. Perché l’illuminazione non arriva sulla via di Damasco ma sulla via del marketing per l’imminente uscita del suo libro «Zidane, una vita segreta».
Il libro contiene poi un intero capitolo sul presunto «potere» di Zidane che, in qualche modo, gli avrebbe evitato due controlli antidoping «scomodi».

Il tutto grazie al presunto status di «semidio» che Zinedine ha saputo cucirsi addosso durante la sua lunga carriera calcistica. Un abito che il francese ha saputo vestire con impeccabile eleganza in ogni circostanza. E che ora che ha abbandonato il calcio giocato dimostra di saper ancora portare. A noi non resta che guardarlo sfilare...

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