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Lo zio assassino si tradisce e usa il «noi»

TarantoÈ la sera del 6 ottobre, nella caserma dei carabinieri di Taranto c’è Michele Misseri. Lui, lo zio assassino, il mostro di famiglia tutto casa e lavoro, crolla dinanzi agli inquirenti, comincia a srotolare i fotogrammi dell’orrore e dice: «... Ho messo di nuovo il corpo di Sara in macchina, abbiamo parcheggiato vicino alle canne». Adesso quelle parole, e in particolare quel verbo coniugato al plurale, alimentano nuovi dubbi. E così sul giallo di Avetrana si allunga adesso l’ombra di eventuali complici, qualcuno che potrebbe avere avuto un ruolo nella tragica fine di Sara Scazzi, 15 anni, massacrata il 26 agosto in un pomeriggio assolato e silenzioso ancora denso di misteri.
Nella confessione, la prima di altre versioni fornite successivamente, Misseri dice in effetti «abbiamo parcheggiato»; subito dopo si corregge, riprende a parlare usando il singolare e ripete: «Ho parcheggiato». Forse non c’entra nulla, forse si è confuso, forse c’è stato un errore di trascrizione. In ogni caso, tra le righe del verbale dell’orrore, affiorano inevitabilmente nuove perplessità. Che si aggiungono a quelle legate alle contraddizioni rilevate dai magistrati e dalla difesa nei vari interrogatori dello zio di Sara anche se il medico legale, Luigi Strada, precisa che «tutto quello che lui dice l’abbiamo riscontrato» aggiungendo che l’assassino ha ucciso da solo utilizzando una fune che potrebbe essere stata poi lasciata sul trattore del garage. Ma è vero anche che lo stesso avvocato del reo confessa dice: «Michele mente, è da sempre abituato al sacrificio». Lasciando intendere che Misseri potrebbe proteggere qualcuno a cui vuole bene.
Insomma, il caso non è chiuso. Entro questa settimana, forse già domani, potrebbe essere ascoltata in procura Sabrina, cugina del cuore di Sara e figlia di Michele Misseri, che ha chiesto agli inquirenti di essere sentita. La versione della ragazza risulta in contrasto con le dichiarazioni rilasciate da Mariangela, che quel giorno sarebbe dovuta andare al mare con lei e Sara: la cugina dice che le stava aspettando in veranda, mentre l’amica sostiene di averla notata già per strada. Tra le cose non tornano c’è poi il mistero della telefonata: sempre Sabrina dice di aver chiamato Sara e di aver sentito diversi squilli a vuoto mentre saliva sull’auto di Mariangela, e aggiunge che in quel momento il padre era dinanzi al garage; l’assassino invece, nel corso della confessione, ha detto che la telefonata è arrivata mentre strangolava Sara, che ha lasciato cadere l’apparecchio: in quel momento si sarebbe staccata la batteria. Il cellulare è stato poi fatto ritrovare da Michele Misseri: prima ha raccontato di averlo notato per caso mentre tentava di recuperare un cacciavite in un terreno, poi ha indossato la maschera del dolore e ha dato l’allarme, presentandosi in lacrime alle telecamere assicurando che «è stato un solo un caso». Proprio il telefono, l’unico oggetto della ragazza recuperato fino a questo momento oltre a un braccialetto caduto nella cisterna dell’orrore, potrebbe rivelarsi importante per l’inchiesta: gli esperti del Ris hanno infatti rilevato diverse impronte digitali, e hanno avviato ulteriori accertamenti.
Il feretro di Sara Scazzi sarà tumulato questa mattina. La bara sarà deposta in una tomba-monumento del vecchio cimitero.

La madre, Concetta Serrano Spagnolo, pur rimanendo in casa e preferendo non comparire, ieri ha affidato un messaggio alle telecamere di La vita in diretta precisando che in questo momento «non è conveniente avere rapporti» con la famiglia della sorella; e a proposito dell’assassino ha dichiarato: «Nel vocabolario italiano non esiste un termine per poterlo definire».

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