Con un titolo che non deve rendere facili le richieste in libreria, esce in Italia Zugzwang mossa obbligata (Ponte alle Grazie, pagg. 293, euro 15), lultimo romanzo di Ronan Bennett, giovane autore inglese nato a Belfast che ha già al suo attivo premi prestigiosi e gran seguito di pubblico e critica.
Romanzo ambizioso, pubblicato a puntate sul quotidiano The Observer nel corso del 2006, Zugzwang (termine scacchistico di origine tedesca che descrive una posizione di assoluta impotenza, tipica dei finali di partita) è un thriller ambientato a San Pietroburgo alla vigilia della prima Guerra mondiale. È la storia di due lunghe, fatali partite: quella che su una scacchiera oppone il brillante dottor Otto Spethmann, psicoanalista freudiano allaffascinante violinista e bon vivant Reuven Kopelzon, e quella giocata sul tavolo della diplomazia mondiale, fra complotti dellOchrana (la polizia segreta russa) per attentare alla vita dello zar e oscure trame bolsceviche.
Lo sfondo storico, del tutto verosimile, è quello del grande torneo organizzato dal circolo scacchistico di San Pietroburgo per festeggiare il decennale dalla sua fondazione. I più grandi campioni mondiali del gioco si sono riuniti in città per la sfida che assegnerà per la prima volta il titolo di Gran Maestro degli Scacchi. Ma è un altro privilegio del vincitore a innescare il complotto: quello di poter avere un incontro personale con Sua Maestà Imperiale lo zar Nicola II. Ma i complotti, come ben presto scopre Otto, sono forse due, uno nascosto nellaltro.
I personaggi cominciano a disporsi sulla scacchiera del romanzo, assumendo da subito la qualità a essi più consona: pedoni, regine, torri, re. Bennett fa muovere i suoi pezzi con estrema abilità allinterno della trama, cominciando dal «cavallo» Spethmann, che attraversa una rete intricata di menzogne e tradimenti, mettendo in gioco la sua vita per amore di una donna, laffascinante Anna Petrovna, i cui incubi, legati a un trauma infantile, sono a loro volta un mistero nel mistero, un romanzo nel romanzo.
Attraverso una serie continua di serrati colpi di scena, rivelazioni e rovesciamenti di fronte, Bennett ha scritto un romanzo perfettamente ambientato nellepoca descritta, ma dal passo moderno, che non elide certo, come i romanzi depoca, le numerose scene di violenza e ununica, ma straordinaria, scena di sesso, in cui lautore compie lequivalente letterario di una «veronica», da applauso a scena aperta.
E il linguaggio, caratteristica rara in un thriller dazione, è decisamente sofisticato. «Vivevo in una città costruita su una palude addensata dalle ossa di un centinaio di migliaia di servi della gleba morti per fame, malattia e crudeltà durante la sua edificazione».
È bravo, Bennett, nella scelta dei tempi e nellesecuzione delle mosse. Meno, invece, nella caratterizzazione dei personaggi. Non per incapacità, ma per deliberata scelta narrativa. In Zugzwang lazione prevale sulla psicologia, il ritmo sullapprofondimento dei moventi. È una partita veloce, come si conviene a un romanzo pubblicato a puntate, con la finalità primaria di tenere il lettore incatenato alla storia, ansioso di seguirne i prossimi capitoli.
Risolte le vicende dei pezzi umani mossi sulla sua scacchiera, nel finale di partita - con una mossa da Gran Maestro del romanzo - Bennett fa intravedere i tempi corruschi e sanguigni che attendono i protagonisti: «Erano in zugzwang. Quando si arriva a tanto, tutti siamo in zugzwang. I torti passati non saranno perdonati. Lo diranno la rabbia e le moltitudini».
Nessuno esce vincitore, dalla partita che hanno giocato.
«A quanto pare sono circondato da uomini giusti» - sospira Spethmann, verso la fine, allenigmatico poliziotto Lycev.
«Perché strano?»
«Perché vi trovo tutti terrificanti».
La scacchiera viene rovesciata. La Storia brucia la pagina. Si apre unaltra, più grande e terribile partita.
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