"Non faccio tv: voglio restare star del cinema"

"Non faccio tv: voglio restare star del cinema"

Federica Volpe

da Los Angeles

Dopo aver fatto un tuffo negli anni '90 in Captain Marvel, Samuel L. Jackson spera che il passato di Nick Fury, direttore della S.H.I.E.L.D. e figura determinante all'interno dell'Universo Marvel che interpreta dal 2008, venga maggiormente esplorato. Sì, perché nonostante le numerose apparizioni nei live action dei fumetti, a Fury non è mai stato dedicato un intero film: «Non ho potere decisionale in merito - confessa l'attore - In questo genere di film ti preoccupi solo che il tuo personaggio non venga ucciso in modo da poter prendere parte anche al sequel, quindi il mio lavoro essenzialmente consiste nell'essere sempre carino e rispettoso coi miei superiori, così da evitare di morire prematuramente». Nell'attesissimo Captain Marvel, in uscita domani, oltre a vedere la prima eroina, interpretata dal premio Oscar Brie Larson, assisteremo ad alcune rivelazioni sul passato dell'iconico personaggio che raggiunge, con questa, ben nove apparizioni nel Marvel Cinematic Universe. Per il ruolo, con la digitalizzazione delle immagini, Jackson è stato ringiovanito di oltre 30 anni, facendolo tornare a quel periodo di aspirante attore e di appassionato di fumetti in cui sognava d'incontrare uno dei suoi idoli, Stan Lee, il cui ricordo, oggi, a pochi mesi dalla sua morte, lascia spazio a senso di gratitudine e commozione.

Com'è stato interpretare un giovane Nick Fury e com'è stato il suo approccio al personaggio?

«L'ho reso più stupido, tutto qui! Anzi, utilizzerei la parola naive. Siede alla scrivania e cerca di capire cosa accade nel mondo. Non sa assolutamente nulla di extraterrestri né della loro esistenza quindi, quando è costretto ad affrontare quella realtà, viene colto di sorpresa. Per quanto riguarda la digitalizzazione delle immagini per ringiovanirmi, non ho idea di cosa abbiano fatto, so solo che il processo si chiama Lola e che sul set avevo molti puntini sul viso».

Che tipo di relazione instaurano il giovane Nick Fury e Captain Marvel in questo film?

«All'inizio lui la guarda con sospetto, non crede che lei possa essere davvero un'aliena, perché noi tutti quando pensiamo agli extraterrestri immaginiamo piccoli esseri verdi e dalle strane forme e lei ha sembianze umane. Quindi gli ci vuole un po' per abituarsi all'idea. Ma nel corso della storia s'instaura fra loro una profonda amicizia e soprattutto fiducia. Capiscono di poter contare l'uno sull'altra, si salvano a vicenda e le loro vite s'intrecciano tanto da diventare quasi una sola».

I fumetti Marvel migrano dal grande al piccolo schermo. A lei è stata mai proposta una serie televisiva?

«Molte, ma non ne ho accettata nessuna. Ho ancora sentimenti troppo contrastanti rispetto alla televisione: le regole del gioco sono cambiate, ma la tv non ha la stessa flessibilità del cinema in termini di tempo, creatività e compensi».

Eppure la televisione ora ha acquisito un ruolo molto più importante rispetto al passato

«Decisamente. Quando io sono arrivato a Hollywood c'era un'idea completamente diversa e quasi denigrante del piccolo schermo, una cosa tipo: Oh poverino, adesso fa televisione'. Ora si producono serie molto intelligenti e interessanti, ci puoi trovare molta arte in tv, ma le sue regole ancora non si adattano alla mia personalità e al mio modo di lavorare. Essere una stella del cinema è diverso dall'essere un semplice attore».

E per lei è essenziale mantenere quello status e quel valore?

«Sono in un punto della mia vita in cui sarò ricordato per quello che ho già fatto e non per quello che farò o sceglierò di non fare, quindi preferisco restare nella mia zona di sicurezza piuttosto che compromettere me stesso e la mia carriera».

Gran parte della sua eredità sarà legata a Nick Fury. La dipendenza da questo personaggio le pesa?

«Io mi ritengo fortunato, ho circa tre o quattro personaggi iconici che hanno segnato la mia carriera e che la gente ricorderà. Oltre a Fury, ci sarà per sempre Jules Winnfield di Pulp Fiction o Mace Windu di Star Wars. Non avrò la preoccupazione di essere seppellito e dimenticato negli archivi della storia del cinema».

Da poco è venuto a mancare il padre dei supereroi, Stan Lee. Che ricordo ha di lui?

«Ridevamo sempre e parlavamo dei fumetti che tanto amavamo e i nostri incontri mi hanno sempre portato una gioia immensa. È incredibile quando incontri qualcuno che mai avresti pensato di conoscere. Poi ti ritrovi a una première e il tuo idolo viene verso di te, si presenta e inizia a parlarti. Lì ho capito cosa provano i fan quando incontrano i loro beniamini.

Stan era una persona molto aperta e buona con gli attori che interpretavano i suoi personaggi, soprattutto con me che nel ruolo di Nick Fury ci sono finito per caso, perché un giorno Mark Millar ha deciso che doveva essere un uomo di colore».

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