Fausto Biloslavo

Foto profilo di Fausto Biloslavo

Girare il mondo, sbarcare il lunario scrivendo articoli e la ricerca dell'avventura hanno spinto Fausto Biloslavo a diventare giornalista di guerra. Classe 1961, il suo battesimo del fuoco è un reportage durante l'invasione israeliana del Libano nel 1982. Negli anni ottanta copre le guerre dimenticate dall'Afghanistan, all'Africa fino all'Estremo Oriente. Nel 1987 viene catturato e tenuto prigioniero a Kabul per sette mesi. Nell’ex Jugoslavia racconta tutte le guerre dalla Croazia, alla Bosnia, fino all'intervento della Nato in Kosovo. Biloslavo è il primo giornalista italiano ad entrare a Kabul liberata dai talebani dopo l’11 settembre. Nel 2003 si infila nel deserto al seguito dell'invasione alleata che abbatte Saddam Hussein. Nel 2011 è l'ultimo italiano ad intervistare il colonnello Gheddafi durante la rivolta. Negli ultimi anni ha documentato la nascita e caduta delle tre “capitali” dell’Isis: Sirte (Libia), Mosul (Iraq) e Raqqa (Siria). Dal 2017 realizza inchieste controcorrente sulle Ong e il fenomeno dei migranti. E ha affrontato il Covid 19 come una “guerra” da raccontare contro un nemico invisibile. Biloslavo lavora per Il Giornale e collabora con Panorama e Mediaset. Sui reportage di guerra Biloslavo ha pubblicato “Prigioniero in Afghanistan”, “Le lacrime di Allah”,  il libro fotografico “Gli occhi della guerra”, il libro illustrato “Libia kaputt”, “Guerra, guerra guerra” oltre ai libri di inchiesta giornalistica “I nostri marò” e “Verità infoibate”. In 39 anni sui fronti più caldi del mondo ha scritto quasi 7000 articoli accompagnati da foto e video per le maggiori testate italiane e internazionali. E vissuto tante guerre da apprezzare la fortuna di vivere in pace.

“Voglio far sentire la mia voce con il voto, ma devo combattere per difendere questa città dove vivo con i figli e la moglie. Se entrano le truppe di Kiev sarà una strage”, spiega un miliziano con gli occhiali neri ed il ciondolo di un teschio appeso al collo

Fausto Biloslavo
Un miliziano al voto: "Se entrano le truppe di Kiev sarà una strage"

La guardia nazionale ha abbandonato la grande città di Mariupol in mano ad un’armata Brancaleone di filo russi. La caserma delle truppe di Kiev è stata saccheggiata, il municipio dato alle fiamme ed i filo russi sono riusciti a far esplodere il blindato ucraino che avevano catturato per un’incendio fortuito. A cura di Fausto Biloslavo

Fausto Biloslavo
Caserma saccheggiata dai filo russi

Il bilancio degli scontri è stato ridimensionato, ma non si hanno ancora numeri certi. A cura di Fausto Biloslavo

Fausto Biloslavo
Il bilancio dei morti degli scontri

Il direttore della banda venerdì ha osato intonare l'inno ucraino ma due energumeni l'hanno picchiato e fatto scappare. Ecco la traduzione delle parole pronunciate nel momento più drammatico della scena: "Sono un cittadino di Donetsk come voi!". "Stai scherzando? Chi ti ha detto di suonare l’inno nazionale? Chi? Chi?". "Cosa state facendo ragazzi? I veterani (della seconda guerra mondiale) stanno riponendo dei fiori al monumento (ai caduti). Smettetela". A cura di Fausto Biloslavo

Fausto Biloslavo
Donetsk, picchiato il direttore della banda

Un consigliere regionale che ci mostra la fasciatura sulla gamba per un proiettile di striscio. "Eravamo in corteo con donne e anziani per la festa della vittoria, quando è scoppiato l’inferno", racconta Alexander Romanenkov

Fausto Biloslavo
Consigliere regionale mostra la fasciatura alla gamba

All’incrocio con via Lenin i filo russi sono riusciti a catturare un blindato ucraino. Dopo aver sparato con il cannoncino il mezzo è andato in panne. I soldati all’interno sono scappati. I separatisti aprono uno dei portelloni posteriori e trovano nastri di munizioni pesanti oltre ad un’arma anticarro che portano via

Fausto Biloslavo
I filorussi catturano un blindato
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica