Per 007 non è mai tempo di morire

Nel centenario della nascita Londra festeggia l’inventore di Bond. Sebastian Faulks, suo erede ufficiale, pubblica l’ultimo capitolo della saga

Per 007 non è mai tempo di morire

Claudio Stamerra

Se Ian Fleming avesse deciso di fare l’ufficiale a tempo pieno, come forse la sua famiglia avrebbe preferito, forse la letteratura non avrebbe mai conosciuto James Bond e l’Inghilterra non avrebbe avuto il suo eroe e personaggio nazionale. Ma lui, scrittore multiforme e amante delle belle donne e della vita avventurosa preferì dedicarsi alla sua attività preferita, donando al mondo la spia più affascinante di Sua Maestà la Regina. James Bond, il più famoso bevitore di Martini della Gran Bretagna. E la saga di Bond continua così tanto ad affascinare che Fleming si è reincarnato nella figura di Sebastian Faulks, autore inglese a denominazione di origine controllata e di successo, giornalista del Telegraph ed editorialista dell’Independent prima di fare lo scrittore a tempo pieno. Devil may care, ultima avventura del ciclo bondiano, è apparso per la prima volta ieri, nel giorno del centenario della nascita del padre dell’affascinante agente segreto, nato a Londra nel 1908, in contemporanea in tutte le librerie del globo, e in Italia con il titolo Non c’è tempo per morire.

Inutile negare che tutti si attendono molto dal nuovo libro. A partire dal suo autore che, ha raccontato durante l’incontro alla Fleming Collection, nel cuore di Londra dove ha presentato per la prima volta la sua opera, si è impegnato a scrivere proprio alla maniera di Fleming. E che, sembra, del medesimo abbia solo le virtù. Nessun amore per il cocktail pomeridiano, che l’originale si godeva nella sua casa in Giamaica, nessun tuffo in mare fuori programma, niente snorkelling, ovvero passeggiate sul fondo del mare con un respiratore. Pare invece che il nuovo Fleming abbia solo lavorato, seguendo incessantemente i ritmi del suo ispiratore che si svegliava la mattina presto per scrivere. «Sono un ragazzo semplice», ammette il cinquantenne, che alla vita avventurosa e ai paparazzi preferisce «stare sul divano in compagnia del suo cane». Ma nessuno gli crede, vista la passione del suo mito per le belle donne. Per prepararsi alla storia ha letto tanto, tanto Fleming. Chiamato da Penguin nel 2006, per scrivere un’avventura «alla maniera dell’originale», si è impegnato a non tradire il suo autore ma non a «creare una vera e propria imitazione». E se Fleming stesso sosteneva che «per scrivere un buon thriller bisogna avere esperienza diretta» sembra che la lettura di un suo articolo del 1961, «Come scrivere un thriller», lo abbia aiutato molto creare uno stile puro, «shaken but not stirred», come i famosi drink di Bond.

«Ovviamente non ho raccolto tutte le caratteristiche dello stile autentico». Sullo sfondo il terrore della parodia. Ha spiegato ancora con una certa ironia tutta britannica, di aver «preso alcune delle idee portanti della saga, diciamo il 75 per cento». E semplicemente, «di aver voluto ricreare l’eccitazione delle storie di Bond. Il pubblico ama Fleming per il ritmo delle sue avventure», ha continuato, «come le situazioni rocambolesche, i ritmi sincopati».

Un intreccio scritto in sei settimane e annunciato già un anno fa, che porta la famosa spia di Sua Maestà questa volta in medioriente. La vasta parte dell’azione si svolge in Iran nel periodo dello Scià, e l’uomo da combattere è un trafficante di droga. Siamo nel 1967, e in piena guerra fredda. «Mi interessava l’idea che la storia riprendesse da dove Fleming l’aveva interrotta», spiega ancora l’autore, «l’ultimo libro delle avventure di Bond, Octopussy, era del 1966».

E ancora un accenno al suo Bond, che questa volta è più fragile del solito, almeno di quello dei film. La storia inizia con un James «solitario, leggermente trasandato, che va a letto non più tardi delle 10 e in compagnia di un buon libro e di un tranquillante». Un anti-eroe, insomma, magari anche un po’ tenero. Ma che a giudicare dalle attese, dovrebbe sorprendere come sempre.

Del resto sembra proprio che il 2008, soprattutto a Londra, sia l’anno di Fleming e della sua creatura. Gli inglesi sono pronti a festeggiare con eventi, conferenze e manifestazioni. Come la mostra all’Imperial War Museum di Londra, For your eyes only, aperta fino al 2009. Ovvero «Solo per i tuoi occhi», ispirata ad uno dei tanti film sulla spia, e quella volta la star era Roger Moore. In mostra materiale raro, per appassionati puri ma non solo. Come lo scrittoio di Fleming della sua casa giamaicana, «Goldeneye», dove scrisse tutte le novelle di Bond, il modello funzionante della famosa Aston Martin DB5 costruita per il principe Andrea e molti oggetti provenienti dai set dei film più gettonati, come Thunderball e Goldfinger. E ancora manoscritti originali di tutti i suoi romanzi, da Goldfinger a Casino Royale.

Nel

frattempo tutti attendono Quantum of solace, Un po’ di conforto, il prossimo film dell’agente segreto, in uscita il prossimo ottobre. La star è Daniel Craig. A giudicare dal titolo, una qualche tenerezza è quasi assicurata.

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