Cultura e Spettacoli

11/9, MEGLIO LA FICTION CHE LA DIETROLOGIA

Inevitabile che la ricorrenza dell'11 settembre abbia avuto su tutte le reti televisive il giusto tributo commemorativo, questa volta non tanto in ossequio alla retorica del per non dimenticare (rimozione impossibile in un caso del genere) ma perché questo anniversario è coinciso con la recente uscita di numerosissimi film, documentari, ricostruzioni, supposizioni, inchieste filmate che cercano di presentare sotto prospettive differenti l'attentato alle Torri Gemelle, dando luogo a una tale ricchezza di materiale che la società mediatica ha tutto l'interesse a veicolare. A star dietro a tutte le dietrologie c'è da farsi venire il mal di testa, come si è capito in una puntata speciale di Matrix di Enrico Mentana che ne ha dato esaurientemente conto non senza suscitare una buona dose di sconcerto (in rappresentanza delle teorie complottiste erano ospiti alquanto farraginosi i giornalisti Maurizio Blondet e Giulietto Chiesa, due che solo a sentirli parlare farebbero diventare filoamericano anche Fidel Castro). Ma di tutti i programmi andati in onda ci piace ricordare soprattutto «11 settembre 2001, cinque anni oggi», una docufiction della Bbc trasmessa in prima serata da La7 che ha saputo riportare l'attenzione dello spettatore sugli aspetti più emotivamente toccanti dell'attentato alle Torri Gemelle, attraverso un sapiente connubio fra le immagini recitate da attori e il contributo diretto delle testimonianze dei superstiti. Se in genere le docufiction hanno il grosso limite di dover romanzare l'accaduto forzando i toni, dilatando artificiosamente i contenuti, dando insomma l'impressione di «drogare» la realtà a colpi di fiction, in questo caso la portata della tragedia era tale che un pericolo del genere abortiva immediatamente. Quel che rimaneva, grazie anche al serrato rimpallo tra i momenti recitati e quelli più prettamente giornalistici, era il senso di una tragedia che sfuggiva ad ogni tipo di logica e di possibile decodificazione. Ad esempio, c'è chi si è salvato perché è stato un vigliacco, ha pensato a salvare se stesso abbandonando i compagni con cui aveva tentato la fuga attraverso le scale. È il caso di un cittadino giapponese, che lo ammetteva davanti alle telecamere con dolente quanto ferma consapevolezza. E ci sono alcuni pompieri che si sono salvati perché, decidendo di prendere in braccio una signora che non riusciva più a muoversi, hanno così rallentato la discesa lungo le scale quel tanto che è bastato per trovarsi, al momento del crollo della seconda torre, in una miracolosa intercapedine tra un piano e l'altro. Né troppo in alto né troppo in basso.

Almeno ogni tanto, meglio emozionarsi con una docufiction che annoiarsi con la dietrologia.

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