Il 14 ottobre si celebra l’ultimo funerale del Pci

Il vero evento del Partito democratico è l’autoscioglimento del Pci. È l’ultimo atto di scioglimento dei partiti fondatori della prima Repubblica, quello dell’unico che aveva pensato di salvarsi accettando la distruzione per opera della magistratura della democrazia italiana e dei suoi partiti. La via delle primarie è stata necessaria perché la fusione di un congresso postcomunista con un congresso democristiano in un atto fondativo di un partito avrebbe costituito un evidente imbarazzo con le loro storie. Si è dovuto ricorrere all’imbroglio, le votazioni dei cittadini militanti della sinistra per nascondere il fatto della fusione tra postcomunisti e postdemocristiani.
Questo cambia il futuro politico del nostro Paese; la realtà e la quasi banalità dell’evento nascondono la grave dimensione della sua portata: e pone l’elettorato di sinistra nella stessa disgregazione che è nata nell’elettorato democratico dopo lo scioglimento dei partiti democratici. Il comunismo italiano è stato a un tempo una religione, come il comunismo sovietico, e una politica diversa, legata all’intervento pubblico in economia, alla frammentazione dello Stato alla tutela dei corpi burocratici soprattutto della magistratura, al dominio sulla cultura accademica sulla stampa, che hanno dato luogo a quel fenomeno politico di semiregime che Berlusconi invocava parlando di comunismo.
La fine del Pci è una notizia che oggi è dissimulata ma che correrà profondamente nel Ds divenuto Partito democratico e porrà a molti comunisti il senso della loro milizia politica e della continuità storica che essa suppone. Il tessuto del Pci tende a disgregarsi, una volta che ogni riferimento alla religione fondatrice del comunismo deve essere abbandonato come un errore e redento nell’inserimento nella storia democristiana. Cominceranno le scissioni. Una è già avvenuta, quella di Fabio Mussi, ma essa è stata coperta dall’enfasi della propaganda del nuovo partito. Mussi conserverà in modo minoritario e in combinazione con l’altra sinistra l’idea di un Ds in miniatura. Ma ciò significa che il massimalismo e il localismo dilagheranno nella società italiana, perché certamente il comunismo italiano, pur non essendo riformista, aveva rifiutato dall’inizio il massimalismo. Questa linea antimassimalista viene meno; e ciò significa lasciare spazio a Rifondazione comunista. La sua tesi di disarticolazione del sistema capitalistico al suo interno, cavalcando tutte le tensioni, potrà ottenere il monopolio della qualifica di sinistra.
Il Partito democratico è un imbroglio che nasconde dietro le primarie l’accettazione e la mutazione genetica del Ds, una mutazione incerta. Il solo elemento noto e la volontà di un compromesso con la Chiesa. La fine del Partito comunista aumenta quindi il tasso di ingovernabilità che già ora si manifesta. E diventerà più radicale domani.

La fine del Ds e la nascita del Partito democratico suppone la fine della cultura politica italiana del ventesimo secolo. E perciò sono eventi destinati a cambiare la politica del nostro Paese.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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