A 21 anni suicida in cella, i legali: «Era stato picchiato»

A 21 anni suicida in cella, i legali: «Era stato picchiato»

MilanoEra accusato di uno di quei delitti per i quali il carcere viene invocato a furor di popolo, sempre e comunque: violenza sessuale. Si protestava innocente, ma le prove a suo carico erano state ritenute sufficienti anche dal tribunale della Libertà, che aveva respinto la sua richiesta di scarcerazione. I pesanti toccamenti intimi ai danni delle sue giovani vittime, e la persecuzione cui aveva sottoposto una di loro, procurandosi anche l’imputazione di stalking, emergevano con chiarezza dalle denunce: anche se, proprio dalla lettura delle prove, il ritratto che prende forma è quello di una personalità difficile, di un border line da affidare più agli psichiatri che ai secondini. Era in cella dall’ottobre dell’anno scorso. Alle dieci di ieri mattina, Alessandro Gallelli ha chiuso la pratica legando la sua felpa alle sbarre della cella, nell’infermeria psichiatrica di San Vittore, e impiccandosi con le maniche. Quando gli agenti si sono accorti di lui, era già morto. Aveva solo ventun anni.
Non tutto è chiaro, nella morte di Gallelli. É l’ennesimo suicidio in un carcere italiano, il decimo dall’inizio dell’anno: una media impressionante, uno ogni cinque giorni. Ma è il primo che coinvolge un imputato di reati sessuali, la categoria che nel carcere occupa il gradino più basso, e che una volta doveva vivere separata dal resto dei detenuti per evitare le loro punizioni. Ma - e questo è il primo punto oscuro - l’avvocato di Gallelli, appena appresa la morte del giovane, ha raccontato che il giovane negli ultimi tempi era stato ripetutamente e impunemente pestato in cella, e proprio per questo aveva chiesto e ottenuto il trasferimento in infermeria. L’istituzione-carcere nega tutto, i sindacati degli agenti insorgono contro l’avvocato, «non c’è stata alcuna violenza», la direzione di San Vittore spiega che il presunto violentatore era in isolamento e quindi al riparo da eventuali aggressioni.
Ma un dato appare certo: le condizioni mentali del detenuto erano talmente fragili che un giudice preliminare aveva disposto una perizia per verificare la compatibilità con il carcere.

Proprio durante l’udienza per affidare la perizia, Gallelli aveva dato nuovamente fuori di matto, aggredendo le guardie e cercando di demolire l’aula, tanto che l’udienza era stata sospesa e poi rifatta in carcere. La stessa Procura si era detta disponibile ad affidare il detenuto a una comunità esterna al carcere, in una situazione che gli permettesse di curarsi ma lo tenesse lontano dalle sue vittime. Non ce n’è stato il tempo.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica