Dopo 4 anni di silenzio

«Si può avere paura di prendersi un raffreddore oppure, per estremizzare, si può avere paura di avere come vicino di casa un vampiro. Non esiste un limite alle paure degli esseri umani: dalla paura più mondana a quella più stravagante». A raccontare così la dimensione della paura è Richard Matheson, uno dei maestri della letteratura fantastica americana che il prossimo 20 febbraio compirà 85 anni. Un autore capace di rimescolare generi come il noir, l’horror, la fantascienza e persino il western. Basterebbe citare storie come Io sono leggenda, Tre millimetri al giorno, La casa d’inferno e Io sono Helen Driscoll per ricordare i suoi incubi letterari più famosi. Libri che hanno segnato nel profondo l’immaginario di milioni di lettori, ma anche di decine di scrittori che hanno imparato da Matheson a mixare «il fantastico nel quotidiano». Come Stephen King, il quale ha sempre riconosciuto il suo debito nei suoi confronti. «Credo che la mia maggiore influenza su King - mi raccontava Matheson durante un lungo speciale registrato ai microfoni di Radiodue nel 2003 durante la trasmissione Tutti i colori del giallo - dipenda dal fatto che, prima di iniziare a leggere i miei libri, lui scrivesse storie fantasy e horror su castelli, cimiteri, vampiri, mentre le mie storie raccontavano di fatti terribili che accadono nel tuo quartiere e al supermercato. Credo che questo gli abbia offerto una prospettiva narrativa completamente diversa».
La casa editrice Fanucci da tempo sta curando l’edizione delle opere di Matheson e distribuirà fra pochi giorni Altri regni, romanzo che esce in Italia prima ancora che negli Usa e segna il ritorno alla letteratura del maestro dopo quattro anni di silenzio. Il libro narra le vicende di un soldato americano, Alex White, il quale, ferito durante la Prima Guerra Mondiale, si rifugia nel piccolo borgo di Gatford per dimenticare il suo traumatico passato. Il villaggio sembrerebbe il luogo perfetto per rigenerarsi, ma oscure leggende raccontano che i boschi della zona sono da tempo infestati da spiriti malvagi. L’incontro fatale con Magda Ariel, che i suoi compaesani sospettano essere una strega, gli farà scoprire un regno fantastico e pericolosissimo che confina con il nostro. Terrore e meraviglia vanno a braccetto in questa storia in cui Matheson non sembra risentire del passare degli anni, né per la verve letteraria, né per la costruzione della trama. Ancora una volta lo scrittore statunitense dimostra di voler incrociare più generi senza sceglierne uno in particolare. «Detesto - spiega lui - i generi letterari di per se stessi... Sono convinto che uno scrittore che ragiona per generi sia fuori strada. Forse i lettori avvertono la necessità di distinguere gli autori in base al genere, di inserirli in comode nicchie, ma io ho sempre cercato di evitarlo. Ho scelto di scrivere romanzi che contenessero elementi noir ed elementi horror... È talmente facile saltare da un genere all’altro che si può ambientare una storia d’amore su Marte come se si trattasse di un romanzo di fantascienza, così come viceversa si può ambientare quella stessa storia d’amore nel buon vecchio West ed ecco che si è scritto un western. Oppure si può persino trasportarla in Transilvania ed ecco che si è scritto un romanzo dell’orrore! L’idea stessa di costringere uno scrittore entro confini predefiniti mi è aliena».
È stata proprio questa capacità di adattare le proprie storie a diversi registri narrativi a fare la fortuna di Matheson sia in televisione che al cinema: decine delle sue storie sono state trasformate in fortunati episodi della serie Ai confini della realtà e Hollywood ha pescato a piene mani dal suo immaginario con pellicole come 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra (1971), Poltergeist (1982), Io sono leggenda (2007) e The Box (2009). E se fortunati sono stati anche gli incontri fra Matheson e registi come Roger Corman e Steven Spielberg, c’è forse un unico rimpianto, nella sua carriera: non aver potuto collaborare a Gli uccelli di Alfred Hitchcock. «Mi sono pregiudicato la possibilità di ottenere l’incarico di sceneggiare quel film il giorno stesso in cui incontrai Hitchcock - racconta Matheson -. Avrebbero dovuto esserci anche il mio agente e alcuni collaboratori del regista inglese, ma alla fine non si presentò nessuno e io mi ritrovai solo con lui. La prima cosa che gli dissi fu: “Signor Hitchcock, credo che non sia una buona idea far comparire quegli uccelli troppo spesso”.

Al che lui assunse un’espressione schifata e, con l’inconfondibile accento britannico, disse semplicemente, “No, no, no!”... In seguito ho scritto dei soggetti per la serie Alfred Hitchcock presenta, ma non ho mai più avuto occasione di reincontrarlo».

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