È l’era del "Vaffa". Oggi essere educati è quasi un reato

L'avanzata della maleducazione in un articolo di Tony Damascelli pubblicato il 27 gennaio 2016

È l’era del "Vaffa". Oggi essere educati è quasi un reato
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Depenalizzata l’ingiuria abbiamo penalizzato l’educazione. Non soltanto quella civica, abolita nelle materie di insegnamento scolastico, ma il vivere civile, aggettivo ormai riservato soltanto alle unioni. Una civiltà del rispetto che è andata a farsi benedire ma che nessun parroco o cardinale riesce a rendere pura se poi anche qualche prete si lascia andare a imprecazioni. La maleducazione può essere episodica, l’ineducazione è congenita, c’è gente che mai ha imparato a vivere e a convivere. E così nello sport come nella politica, negli affari di cuore o di finanza, il gergo ha sostituito il lessico normale, si ricorre alla parole forte, una volta detta parolaccia, per rendere l’idea che spesso ritorna al mittente con uguale forma, un altro insulto dunque.

Se durante una partita di football un allenatore urla «finocchio» al suo rivale scoppia il finimondo, che però si esaurisce nel giro di qualche ora, non con l’intervento doveroso e scontato dei giudici ma, più spettacolare, de Le Iene che valgono più di qualunque opinionista. Se poi un calciatore ringhia «zitto, zingaro di m.» ecco che prima scatta la sollevazione poi si affloscia, perché in fondo è roba piccola in confronto a cose ben più gravi. Urla l’atleta, strilla l’onorevole, impreca l’artista, è un bel giro di voci nere, gente che parla non con la bocca piena ma aperta e sguaiata, tutti tesi a farsi riconoscere perché altrimenti la normalità non paga. Vada a quel paese non è niente anche perché ormai siamo cittadini del mondo, dunque di tutti i paesi e se un artista cantante è famoso per un titolo e un testo che ripete «Vaffa» un motivo ci sarà, se Grillo convoca i suoi in adunate oceaniche per il Vaffa day un altro motivo ancora esisterà pure. Direi che è uno schifo, se questo sostantivo è ancora accettabile, cado anche io nel motto greve senza l’alibi della trance agonistica ma per semplice sfogo da tensione o pensione nervosa.

Comunque non c’è dibattito tv, film, cabaret nel quale non siano presenti vocaboli, aggettivi e verbi che un tempo erano sussurrati o mimati. Si leggeva la Commedia dantesca e «Taide è, la puttana» provocava sorrisini ma il professore sorvolava, così come «Barbariccia che avea del cul fatto trombetta».

Era letteratura quella, oggi è lessico famigliare (la Ginzburg ci scusi), urlato da chiunque, veri giovani e diversamente giovani cioè vecchi. Il teatro del calcio offre il suo bagaglino quotidiano, attori da avanspettacolo, bestemmiatori, volgari marionette, la gente assiste e applaude. Pochi si sono accorti che il teatro è sempre più vuoto.

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