Politica

In 5mila per i morti Thyssen

«Pronto, sono della ThyssenKrupp in corso Regina. Senta è successo un incendio e ci sono tre o quattro ragazzi bruciati». La telefonata al 118 arriva all’una e 43 secondi del 6 dicembre 2007. Un anno dopo quella notte, ieri mattina a Torino cinquemila persone hanno partecipato alla cerimonia in memoria delle vittime del rogo nella «fabbrica dei tedeschi». Sette uomini, sette nomi diventati il simbolo di tutti i morti sul lavoro in Italia, in media quattro ogni giorno. Si chiamavano Antonio Schiavone, 36 anni, Roberto Scola, 32, Angelo Laurino, 43, Rocco Marzo, 54, Bruno Santino, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi, ventiseienni.
Un anno dopo quella notte, l’amministratore delegato dell’acciaieria è stato rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio volontario, altri cinque dirigenti saranno processati per omicidio colposo aggravato, l’azienda ha già trovato l’accordo con i parenti delle vittime per il risarcimento, in tutto 12 milioni e 970 mila euro. La macchina della giustizia sta procedendo a una velocità maggiore rispetto a quanto siamo abituati, mentre il bollettino delle morti bianche continua a crescere, giorno dopo giorno. Lo slogan della cerimonia di ieri era semplice, diretto, forte: «Noi non dimentichiamo». Eppure a Torino non c’era nessun rappresentante del governo, non c’era Confindustria, non c’erano i sindacati. Tanti, invece, slogan che con quella notte non c’entravano niente. C’erano i collettivi studenteschi «No Gelmini», e il leader no global Vittorio Agnoletto ha approfittato dei microfoni per pubblicizzare la manifestazione «No Tav» in programma qualche ora più tardi in Val di Susa: «Il governo vuole trovare 16 miliardi per un’opera che produce solo distruzione». A proposito: alla protesta contro l’Alta velocità erano in 30 mila, sei volte di più che al ricordo del rogo.
La giornata della memoria è iniziata presto, alle 8 e mezza, con una messa privata al cimitero monumentale, dove è stata posata una lapide in ricordo delle vittime. Quindi è partito il corteo, che dalla vecchia fabbrica oggi dismessa ha raggiunto il palazzo di Giustizia, dove il 15 gennaio inizierà il processo.
Oltre che dal dolore, il corteo è stato lacerato dalle polemiche. Anche tra i parenti delle vittime. Le mogli di Laurino e Schiavone non hanno partecipato alla manifestazione, contrarie all’aereo che ha sorvolato la città con lo striscione «Noi da quassù vi guardiamo». «È uno spreco, meglio fare della beneficenza», hanno detto le vedove. L’ex segretario Ds Piero Fassino ha attaccato governo: «Assenza sconcertante». Ciro Argentino, l’operaio della Thyssen che ha organizzato l’evento, ha denunciato invece l’assenza dei sindacati confederali: «Ci spiace soprattutto non avere visto la Fiom. E ci aspettavamo anche una maggiore partecipazione del popolo operaio».
Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha inviato a Torino una lettera aperta, rilanciando il «fermo impegno del governo a conseguire nell’intero Paese più alti livelli di effettiva sicurezza sui luoghi di lavoro». Antonio Boccuzzi, l’operaio superstite oggi deputato Pd, e Fabio Granata, anche lui deputato ma del Pdl, hanno proposto di indire ogni 6 dicembre una «giornata per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro». Nemmeno su questo, però, sono tutti d’accordo. Maurizio Peverati, segretario della Uilm piemontese, ha spiegato così la sua contrarietà: «Non devono esserci morti di serie A e di serie B». Proprio per questo, in fondo, qualcuno ieri avrebbe dovuto portare più rispetto alle vittime del rogo.

Magari sfilando in silenzio.

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