«A 70 anni si è ancora in forma»

da Roma

Una nuova proposta per la riforma previdenziale si appresta ad uscire dal cilindro di Prodi. Si tratta di un mix tra scalini e quote che consentirebbe di rendere progressivo l’aumento dell’età pensionabile a fronte di un non indifferente aggravio di spesa.
In particolare, secondo il progetto dei tecnici del governo, lo scalone verrebbe superato a partire dal primo gennaio 2008 consentendo ai lavoratori di pensionarsi a 58 anni di età e 35 di contributi. La soglia dei 57 anni resterebbe inalterata per i lavori usuranti. Dopo un periodo di 18 mesi (ossia a partire dal primo luglio 2009) l’età pensionabile verrebbe aumentata a 59 anni. Anche questa seconda fase durerebbe 18 mesi e dal primo gennaio 2011 si tornerebbe a un sistema a quote (somma di età e contributi) che dovrebbe essere fissato a 96, ovvero 60 anni e 36 di contributi oppure 59+37 o 58+38.
Il condizionale è d’obbligo perché alcuni punti sono ancora da limare. A partire dal sistema ad incentivi che sarebbe gradito ai sindacati per finire con le quote in quanto il tetto a 97 potrebbe essere comunque proposto per rendere meno onerosa la riforma (la legge Maroni prevedeva un età pensionabile di 61 anni nel 2011; ndr). Senza contare che Rifondazione preme per allargare l’ambito dei lavoratori usuranti (si tratterebbe di 40mila persone contro le 7mila interessate dalla bozza prodiana).
In ogni caso, si è ancora in una fase di pour parler anche se il presidente del Consiglio Prodi potrebbe fare un annuncio indicativo già domani a Gerusalemme. La bozza di proposta sarà oggetto di confronto con i sindacati in un vertice che dovrebbe essere convocato mercoledì (o al più tardi giovedì). Secondo quanto si apprende, la proposta definitiva del governo potrebbe essere messa in discussione dal Consiglio dei ministri di venerdì prossimo. Poi se ne riparlerà con la prossima Finanziaria dove il provvedimento verrà «imboscato» per evitare ingorghi parlamentari e compattare la maggioranza al Senato.
Come al solito non c’è nessuna certezza sull’iter della riforma perché i componenti della maggioranza interpretano la materia in modi diversi. Il vicepremier Francesco Rutelli ieri ha rilanciato dichiarando che è in fase di studio una proposta per aumentare l’età pensionabile delle donne ma su base volontaria e prevedendo dei bonus in base al numero di figli. «Le donne lavorano più degli uomini e hanno un’attesa di vita più lunga. Sono sicuro che la risposta sarebbe sorprendente per tutti», ha detto. Alzare l’età pensionabile delle donne? Sì, «ma non per finanziare il superamento dello scalone», ha ribattuto la sua collega ministro degli Affari regionali, Linda Lanzillotta. Senza contare che l’estrema sinistra, almeno a parole, non ha intenzione di trattare, come hanno ripetuto più volte gli esponenti del Pdci.
La confusione aumenta se si considera che le parti sociali, più volte scavalcate dai partiti, non sembrano apprezzare le nuove proposte. «Abolire lo scalone non è né un’esigenza né una priorità» ha ripetuto il dg di Confindustria Maurizio Beretta aggiungendo che «la controriforma previdenziale rischia di allontanarci da quanto fanno tutti gli altri Paesi d’Europa». L’idea del governo «non ci convince e restiamo dell’idea che sia meglio utilizzare gli incentivi», ha spiegato il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti. Ancor più radicale il segretario nazionale Fiom-Cgil, Giorgio Cremaschi. «Tutte le ipotesi in campo devono essere respinte dal movimento sindacale e in ogni caso saranno respinte dai lavoratori», ha sottolineato.

Come ha auspicato il responsabile Lavoro di Forza Italia, Maurizio Sacconi, «ci vorrebbe una Sabine Herold anche in Italia». Un riferimento a «mademoiselle Thatcher», che nel 2003 sfidò il conservatorismo dei sindacati francesi con una grande manifestazione giovanile.

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