
Egregio Direttore Feltri, apprendo con un misto di incredulità e sgomento che il centrosinistra, nella sua brillante visione strategica, ha quasi deciso di candidare Roberto Fico alla presidenza della Regione Campania. Ora, al netto dell’ironia che questa scelta suscita da sola, mi chiedo: ma il Pd è impazzito del tutto? È un’alleanza o una resa incondizionata ai cinquestelle?
Lei che idea si è fatto, direttore?
Alfonso D’Elia
Caro Alfonso, anch’io ho letto la notizia e per un attimo ho pensato a uno sketch comico. Poi ho realizzato che, purtroppo, è tutto tragicamente vero: Elly Schlein e Giuseppe Conte sembra che abbiano ormai trovato un’intesa e che abbiano deciso di riporre le loro speranze su una punta di diamante della inconsistenza politica, ovvero su Roberto Fico. Sì, proprio lui. Non è ancora ufficiale, ma risulta che poco ci manca. E chi è Roberto Fico? Quello dell’“egìda”, pronunciata in tv con l’enfasi e l’ignoranza di chi crede di avere il latino nel sangue ma manco l’italiano in bocca. E dire che faceva il presidente della Camera, che in teoria dovrebbe essere una carica di prestigio, mica il presentatore di Televeleno. Ora, mi domando: come si fa a pensare di affidare una regione complessa, difficile, ferita come la Campania a un personaggio che nella vita ha dimostrato di essere un campione del nulla? Un ideologo da salotto, contrario a tutto ciò che somiglia al progresso, persino a un impianto che funziona, come il termovalorizzatore di Acerra, che ha salvato Napoli e dintorni da una catastrofe sanitaria e ambientale. Fico non è per le soluzioni politiche, è per il no espresso ad oltranza, tipico dei grillini della prima ora, che si oppongono strenuamente, per partito preso, ad ogni forma di progresso con il convincimento malato che progresso sia sinonimo di male o di danno. Quindi Fico cosa fa? Dichiara che vuole chiudere l’impianto. Geniale. Ha il fiuto dell’inetto che confonde la puzza della monnezza con il profumo dell’utopia grillina. Dicono che sia un “grillino di ferro”. E si vede: Fico è rigido, arrugginito e totalmente inadatto a qualsiasi forma di guida amministrativa. Ma ciò che davvero sconcerta non è lui, che, poverino, ha solo le sue colpe, bensì il Pd.
Un partito che ha deciso di immolarsi, di gettare la spugna, di abdicare alla propria storia e di affidarsi mani e piedi al Movimento 5 Stelle e a Conte (che ha già distrutto il movimento fondato da Grillo e Casaleggio), sperando così di sopravvivere politicamente a sé stesso. Condivido pienamente quanto dichiarato da Carlo Calenda, leader di Azione, e non capita spesso che io lo dica. Ha ragione da vendere: candidare Fico è roba da manicomio politico, da camicia di forza. Nessuna esperienza di governo, nessuna visione concreta, al di là del “no” ideologico, soltanto stucchevolezza, rigidità mentale e slogan. E quando si governa una regione non bastano i tweet e le conferenze stampa da radical chic. Del resto, che cosa possiamo aspettarci da uno che è diventato famoso più per le gaffe che per i risultati? In tv fa le figure barbine, in politica rappresenta l’irrilevanza camuffata da “cambiamento” e sul territorio è conosciuto più per il suo barbiere che per le sue idee, mai pervenute.
In sintesi, caro Alfonso: se questa è la proposta del centrosinistra per rilanciare la Campania, allora prepariamoci a vedere sventolare la bandiera del fallimento. E magari sotto l’“egìda” di Fico.
Gongolerà De Luca.