Cronache

«Abbatterò la Diga»: un altro buco nell’acqua

«Abbatterò la Diga»: un altro buco nell’acqua

«Sarà la prima cosa che faccio come sindaco». Diceva così in campagna elettorale Marta Vincenzi quando le si chiedeva della Diga di Begato e del suo ambizioso progetto di demolizione. Un’idea che nei piani del sindaco poteva essere realizzabile già nel giro di poco tempo, ma che ad oggi non ha visto ancora nulla, o quasi, di concreto. La Diga è la costruzione di edilizia popolare più impattante di Genova: realizzata alla fine degli anni ’70 e abitata dal 1984 era nata con l’idea di farne una città immersa in un parco urbano, con lunghi corridoi che avrebbero dovuto intervallare appartamenti e negozi. Ma qui di esercizi commerciali neanche l’ombra, come di parchi urbani del resto: i corridoi sono diventati discariche a cielo aperto, mentre i 1.600 alloggi realizzati sono immersi nel degrado e molti sono vuoti ed inutilizzabili per il pessimo stato di conservazione, altri occupati abusivamente.
Marta ha promesso di pensarci lei già durante la campagna elettorale, sicura di poter mettere mano in tempi brevi a questo scempio chiamando le ruspe per fare piazza pulita. Giù la Diga e nuove case qua e là per la Valpolcevera con l’idea di recuperare l’area ex Mira Lanza di Teglia per costruire nuovi insediamenti. Già all’epoca, però, l’affresco del futuro primo cittadino trovò resistenze e scetticismo. Non tanto dagli avversari politici anzi, soprattutto nella «vecchia» stagione: cioè in chi aveva amministrato Genova per dieci anni e in via Maritano non era riuscito a fare pressoché nulla. «Tutto si può migliorare, sarebbe bello abbattere tutto e costruire casette su tre piani con gli alberi di pesco intorno - la stuzzicava nel marzo del 2007 il vicesindaco di allora, Alberto Ghio -. Ma con che soldi si pensa di fare tutto questo? Io so solo che alla Diga abitano in tutto 600 famiglie e ho 2.500 domande di persone che chiedono casa ed ogni nuovo alloggio costa almeno 200mila euro». Questo lo scenario pre elettorale, con la promessa ripetuta anche davanti agli abitanti del quartiere.
Una volta in carica l’impegno viene ribadito, salvo cambiare timidamente nel tempo: da piazza pulita a ridimensionamento. Taglio di un troncone centrale, abbattimento dei corridoi in cemento armato che collegano zona bianca e rossa, ma non le ruspe a demolire ogni cosa. Il 21 giugno dello scorso anno il sindaco si è presentato davanti alla stampa con l’assessore al patrimonio Bruno Pastorino spiegando che i tempi erano maturi per il «restyling» e che esisteva un buon finanziamento: 2 milioni di finanziamento avuti dalla Regione nel 2004, che sarebbero serviti per intervenire su 360 appartamenti, venivano dirottati sul nuovo progetto. 180 giorni a disposizione degli uffici comunali per realizzare il progetto di fattibilità dell’opera, sei mesi da quel giorno ipotizzati per intervenire in maniera pratica. In Valpolcevera, a tredici mesi da quel giorno, all’atto pratico hanno visto solo l’abbattimento dei due «bruchi» che collegavano l’ala sinistra della Diga rossa e l’ala destra della Diga bianca. Per il resto tutto tace e quel progetto ancora giace in qualche cassetto.

Marta ha messo la ciliegina, ma si è dimenticata la torta.

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