D'accordo, c'è un filo di fisiologica stanchezza che percorre le fila della truppa. La finale di Coppa delle Coppe di qualche giorno prima, a Salonicco, contro gli inglesi del Leeds, ha succhiato via energie. Però quel trofeo è stato sollevato, il morale è fotonico e poi, a scorrere la distinta delle due squadre, non ci può essere gara. Come fa una formazione già salva a spuntarla contro il Milan di Nereo Rocco e Gianni Rivera, che arriva al Bentegodi di Verona per vincere lo scudetto e cucirsi la stella sul petto? Dovrebbe sul serio apparire un cataclisma calcistico perché le cose non vadano nel verso giusto. Che poi sarebbe: Milan campione con una vittoria, Lazio e Juventus seconda e terza. Che vada diversamente è una speranza dalle gambe gracili.
Entriamo dunque in quell'assolato e tiepido 20 maggio del 1973. Lo stadio è ricolmo di spettatori incuriositi da un lato - i veronesi - e di sostenitori rossoneri che già si sfregano le mani assaporando il titolo. Per tornare davanti alla Vecchia Signora, che ha vinto l'anno precedente, la dirigenza del diavolo ha affinato la rosa. Accanto al pallone d’Oro Gianni Rivera, al vice campione del mondo Karl-Heinz Schnellinger, agli italiani Romeo Benetti e Pierino Prati, in estate è arrivato l'attaccante dalla Fiorentina Luciano Chiarugi.
Così il Milan di Rocco conduce un campionato di rango elevatissimo. La contesa, ancora una volta, è con i bianconeri di Dino Zoff e José Altafini. Ma c'è un terzo, inatteso, convitato: la Lazio, che salita dalla Serie B si ritrova in cima alla classifica facendo sgranare pupille in serie. Quando mancano tre giornate, il Milan si trova a 41 punti, i biancocelesti a 40 e la Juve a 39. Nel corso della penultima vincono tutte, per cui il destino di questa stagione della Serie A deve risolversi all'ultimo appuntamento disponibile.
Tutto, dunque, è nelle mani dei ragazzi di Rocco. In campo sfilano sicuri Vecchi, Sabadini, Zignoli, Anquilletti, Turone, Rosato, Sogliano, Benetti, Bigon, Rivera, Chiarugi, mentre l'Hellas di mister Cadè schiera Pizzaballa, Nanni, Sirena, Busatta, Batistoni, Mascalaito, Bergamaschi, Mazzanti, Luppi, Mascetti, Zigoni. I rossoneri partono pure forte e il pubblico di casa slaccia sorrisi quasi rassegnati: massì, noi non abbiamo più obiettivi, come vuoi che vada a finire?
Invece al sedicesimo Sirena porta davanti l'Hellas. E dieci minuti dopo Luppi raddoppia. Il Milan è stordito, quasi avesse patito un delitto di lesa maestà. Com'è possibile? Il Verona è meno riflessivo e piazza un raggelante 3-0 con l'autogol di Sabatini al ventinovesimo. Rocco rimugina amarissimo in panchina. Quella che si sta profilando è una disfatta di dimensioni impensabili, un crollo emotivo che sembra filmico, ma è maledettamente reale. Il diavolo riesce soltanto ad accorciare le distanze con Rosato, ma all'intervallo il risultato recita Verona 3, Milan 1. Sugli altri campi, nel frattempo, Juve e Lazio lottano rispettivamente contro Roma e Lazio.
Mugugni multipli al Bentegodi. Anche gli italiani con l'orecchio incollato alla radiolina, milanisti e non, sono perplessi. Quel che appariva del tutto impronosticabile sta succedendo. Eppure la disfatta non è ancora del tutto compiuta. Quando Rivera e compagni rientrano in campo qualcuno si augura un moto d'orgoglio, ipotizzando che possano confezionare un miracolo. Invece l'abisso diventa ancora più profondo. Luppi sbatte in porta il 4-1 dell'Hellas, e poco dopo Turone mette nella sua porta il 5-1. Non c'è davvero più niente da fare. Ora il Verona, sazio, comincia a decelerare e incassa due gol, quelli di Sabadini e Bigon, quando la partita sfila verso il suo epilogo.
Nel frattempo la Juve, che era andata sotto con la Roma, la ribalta con Altafini e Cuccureddu, vincendo lo scudetto. La Lazio, infatti, cede contro il Napoli nel finale di partita. Al Bentegodi i veronesi impazziscono di gioia: sanno che difficilmente rifileranno di nuovo un 5-3 al Milan. I rossoneri, invece, sono in catalessi.
I tifosi sfilano via mestamente, così come la squadra, squagliatasi in campo - sosterranno alcuni - per le fatiche di coppa troppo ravvicinate. Qualunque sia la spiegazione, quel giorno di maggio diventa la parte prima della "Fatal Verona", perché i rossoneri si smarriranno ancora contro l'Hellas nel 1990, in un altro momento decisivo.