Abbiamo bisogno di eroi e il virus ce lo dimostra

Robert Redeker ci dimostra come la civiltà non possa esistere senza individui eccezionali

Abbiamo bisogno di eroi e il virus ce lo dimostra

«Felice il popolo che non ha bisogno di eroi » fa dire Bertolt Brecht a Galileo nell'opera teatrale omonima. Che è affermazione più da illuminista laico e razionalista che da comunista, quale Brecht era, visto che il comunismo, come ogni movimento politico, di epopea eroica aveva bisogno. Diremmo di più: l'essere umano necessita di eroi, il singolo come il popolo. Tuttavia la fortuna della frase brechtiana ci fa capire come abbia prevalso a lungo un razionalismo demagogico democratico, allergico ai capi, che rifugge e condanna l'eccellenza; l'«uno vale uno» di grillina memoria è solo un grottesco detrito di tutto ciò. L'uomo non ha solo bisogno di eroi, ma anche di santi, o almeno l'uomo occidentale, la cui colonna vertebrale è il cristianesimo. Di questo siamo ancora più convinti dopo avere letto il notevole volume di Robert Redeker, Les sentinelles d'humanité. Philosophie de l'héroisme et de la sainteté (Desclée de Brouwer).

Il filosofo francese che anch'egli può essere definito un eroe, visto che, dopo avere sostenuto il famoso discorso di Ratisbona di Benedetto XV, divenne vittima delle minacce islamiste. Anche se era già noto ed autorevole prima di quella data, da quel momento Redeker, assieme a pochi altri, come Alain Fienkelkraut, Eric Zemmour, Michel Houllebecq, divenne una delle coscienze che, con voce più squillante, denunciarono il declino se non la morte della Francia e, con questa, dell'Occidente. «Chi non ha eroi non può crescere. Chi non ha eroi non è un uomo», scrive Redeker. Ma lo stesso potremmo ripetere dei santi: il legame con il santo ci fa comprendere la dimensione del miracolo, «un evento che rompe la logica deterministica delle leggi della natura». L'eroe e il santo sono tuttavia due figure molto diverse, che la penna dell'autore distingue con estrema finezza nelle diverse situazioni (politica, morale, estetica) aiutato da una prosa classica, dalle sguardo fenomenologico alla Jankélévitch ma anche da un pensiero che non teme citare i vertici del grand siècle francese, in particolare Bossuet e Malebranche. Quanto siamo fortunatamente lontani dal gergo dei Deleuze, dei Foucault, dei Derrida, quella french theory, il cosiddetto decostruzionismo, che Redeker cita tra i principali responsabili dell'avvento di un pensiero globalista, senza radici né tradizione. Proprio quello che ha contribuito a irridere il nostro bisogno di eroi e a secolarizzare il pensiero.

Ma Redeker non è certo così ingenuo da pensare che democratismo e secolarismo, i due mali che stanno corrodendo l'Occidente, siano frutto di qualche filosofo che si è limitato a tradurre in francese Heidegger. Redeker, che non viene, come molti critici della decadenza, da destra, ma dalla sinistra di Jean Pierre Chevenèment, è abbastanza lucido per sapere che nelle trasformazioni sociali va cercato l'inizio della fine. Una società in cui l'intreccio di individualismo narcisista e di collettivismo, che solo ai poveri di spirito possono apparire l'uno opposto all'altro, ha prodotto l'oblio dell'anima e il prevalere di quello che Redeker chiama body, un corpo che non è più quello reale, intreccio di spirito e di materia, ma quello della tecnica, dell'immagine, della manipolazione anche genetica. Qui Redeker si fa sociologo, di una sociologia oggi inattuale, che è quella filosofica di un Georg Simmel. Per frenare la decadenza, come reagire?

Innanzitutto appunto reagire, farsi, ognuno nel proprio campo, forza frenante un processo nichilistico che porta alla distruzione. E valorizzare, in ogni momento, dalla vita quotidiana alle produzione artistiche anche di massa, alla politica, il culto degli eroi e dei santi: distinguendo però bene l'eroe, che può essere una figura anche sconosciuta, dalla star, che ne è solo la caricatura. L'eroe è in mezzo a noi, non sa di esserlo, e può diventare tale se la situazione la richiede: l'eroismo infatti sta nell'atto, è una scelta del momento, che richiede certezza di giudizio ma non premeditazione. Quello dell'eroe è un gesto etico, che come tale si trasforma in politico. Come quello del colonnello della polizia francese Arnaud Beltrame, che nel 2018 si offrì come ostaggio durante un'azione terroristica islamista, perdendo la vita.

I Beltrame sono tra di noi, e oggi sono i medici e gli infermieri, gli imprenditori che decidono di continuare a rischiare, gli operai che cercano di salvare le loro aziende. Felici dovremo essere se, nei prossimi mesi, vedremo affiorare tra noi gli eroi. E i santi.

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