«Abbiamo capito che era colpevole guardandolo in tv»

I concittadini: «Ci ha infangato tutti, ma qui non siamo come lui». Il sindaco: «Parteciperò ai funerali del bimbo»

Gaetano Ravanà da Agrigento
Fino all'ultimo tutti a San Biagio Platani, non solo i familiari, hanno sperato che Mario Alessi non avesse nulla a che fare con il rapimento del piccolo Tommaso. Hanno sperato fino alle 20 di ieri. C'era tanta gente in strada e in Corso Umberto, c’erano anche alcuni comizi elettorali. La gente si affrettava ad effettuare gli ultimi acquisti, quando all'improvviso, si è sparsa la notizia che il piccolo Tommy era stato ucciso e che uno dei responsabili è proprio Alessi. Qualcuno piangeva, altri erano increduli. Tutti cercavano posto all'interno di un bar per vedere il telegiornale.
«Ha infangato il paese» era la frase più ricorrente. «Avevo capito che era colpevole da come appariva in tv, sembrava quasi un reality - dice una donna con in braccio un bambino dell’età di Tommy - non mi ha sorpreso più di tanto quindi che sia lui il carnefice di un bambino».
Ha un passato fitto di ombre, Alessi. A cominciare da una condanna per stupro su una ragazzina di 16 anni. Fu arrestato e la nuova compagna si recò in Comune. Racconta il sindaco: «Mi venne a chiedere un aiuto perché avevo un figlio malato. Sono stato felice di averla aiutata». Poi la storia del suo gemello, Salvatore: dopo una lite in famiglia, la cui dinamica non è mai stata del tutto chiarita, finì sulla sedia a rotelle. «Mario è rimasto traumatizzato da quella storia», ha raccontato proprio due giorni fa il fratello, che vive in Sicilia, senza entrare nei dettagli di quella vicenda, accaduta nel 1977.
Alessi conosceva la famiglia Onofri, ha casa a Coenzo, frazione di Sorbolo proprio a poca distanza da loro. E gli Onofri avevano voluto che fosse lui a occuparsi dei lavori del loro casolare a Casalbaroncolo. Un'abitazione, di cui il muratore conosceva ogni angolo, compreso il luogo dove si trovava il contatore della luce. Un dettaglio importante nella ricostruzione della dinamica del sequestro del piccolo Tommaso avvenuto il 2 marzo scorso. I rapitori infatti prima di entrare in casa tolsero la luce.
Fino a ieri il manovale siciliano aveva sempre negato ogni coinvolgimento nel sequestro. Anche lui è padre di un bambino di sei anni, l’ha ripetuto più volte in questi giorni, cercando di mostrare un fondo di umanità smentito dall’agghiacciante confessione. «I bambini vanno lasciati in pace, con i loro genitori. Ai rapitori dico di lasciare subito libero Tommaso e che si presentino davanti alla giustizia e si assumano le loro responsabilità». Queste le sue parole. Parole pronunciate mentre la sua donna, Antonella, gli stringeva la mano.
Ad inchiodarlo però un alibi fragile. Alessi aveva detto agli inquirenti che al momento del sequestro si trovava in un bar, ma era stato poi smentito dalla padrona che aveva assicurato che il 2 marzo tra le 19.30 e le 20.15 nel suo locale non era entrato proprio nessuno.


«Io il 2 marzo in quel bar c'ero, ho preso un caffè e sono uscito fuori perché aspettavo una persona - aveva ripetuto più volte agli investigatori -. Non ho più la faccia per andare in giro. Ho l'impressione che la gente mi guardi, come per dire «guarda lì» chi c'è. Mi hanno rovinato l'esistenza sia a me che alla mia famiglia». La vita se l’è rovinata da solo.

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