Abbiamo tolto un Ventennio ai 150 anni dell'Unità

Cosa resta del compleanno d'Italia di una settimana fa? Resta il sapore di un giorno, purtroppo piovoso, in cui ci siamo sentiti italiani

Abbiamo tolto un Ventennio ai 150 anni dell'Unità

Cosa resta del compleanno d’Italia di una settimana fa? Resta il sapore di un giorno, purtroppo piovoso, in cui ci siamo sentiti - nonostante tutto e noi stes­si - italiani. Resta un lampo di storia e amor patrio in un Paese che vive in fuga da entrambi. Restano mostre, libri e un vago odore di coesione nazionale. In un coraggioso articolo sul Corriere della sera , Giorgio Fedel ha notato l’as­senza del fascismo dalla memoria dei 150 anni e ha deplorato la sua espulsione dal nostro immaginario collettivo. Ha ra­gione. Il fascismo è stato evitato per non dividere ancora il Paese proprio in occa­sione di una festa unitaria; per non dover dedicare una quota obbligata, istituzio­nale e ideologica, al suo vituperio e per non doverci sorbire, per riparazione, ton­nellate di retorica antifascista. Senza vo­lerlo, è stata seguita l’idea, condivisa da Fedel, che fascismo e antifascismo muo­iono insieme e una volta sepolto il fasci­smo ed espulso dalla memoria, anche l’antifascismo esaurisce la sua missione.

Chi lo vuole vivo a fascismo morto, lo usa per fini politici e ideologici strumentali. Ma Fedel si spinge oltre e dice che se vogliamo davvero recuperare la genui­na continuità della nostra nazione, dob­biamo includere anche quegli italiani, nostri familiari,che hanno vissuto e cre­duto nell’epoca fascista. È vero, dobbia­mo nutrire una memoria inclusiva dei vinti, non solo fascisti. La condanna del­la dittatura, della guerra e del razzismo non può impedirci di ricordare due co­se. Quanti italiani perbene, di valore e in buona fede vissero con dignità e con­senso quell’epoca, alcuni sacrificando la loro vita. Quante opere e iniziative - lo stesso Fedel evocava i treni popolari, le colonie, il dopolavoro - coinvolsero il popolo italiano nella costruzione prati­ca, sociale e ideale di un’identità nazio­nale da amare. Il fascismo non si può cancellare dalla storia, a partire dalla storia familiare di ciascuno di noi.

Sare­mo un Paese civile quando avremo dige­rito il nostro passato e non ce lo tirere­mo addosso per rinfacciarci colpe che noi non abbiamo. Quando carichere­mo il fascismo sulle nostre spalle, allora lo avremo davvero alle nostre spalle.

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