«Ho sentito Berlusconi al telefono sulla mia candidatura a Pavia. Mi ha detto: “ma sei sicuro, Giancarlo? Ti conviene?”. Ma nessuno mi obbliga, devo scegliere io». Giancarlo Abelli, a lungo potente assessore regionale e attualmente deputato del Pdl desideroso di tornare a casa, non sa ancora dire con certezza come andrà a finire la vicenda che lo vede (suo malgrado) protagonista. Abelli non ha gradito l’accostamento tra la sua eventuale esclusione dalle candidature lombarde e la questione delle liste pulite. E al momento è dell’idea di restare in corsa: «Mi candido all’80 per cento. In ogni caso al momento sono candidato, poi vedremo».
Il pensiero di rivederlo in Regione crea timori dentro il Pdl e fuori. Per usare un’espressione tornata in auge col Cavaliere, è un problema di «giochi di potere». La Lega, attualmente alla guida dell’assessorato alla Sanità, non crede a un rientro soft di colui che a Pavia, suo collegio elettorale, chiamano il Faraone. Se si pesa, è per contare, pensano coloro che in sua assenza avevano imparato a fare i conti, oltre che col direttore generale Carlo Lucchina, manager di area Cl, con i nuovi poteri lumbard. E qualche perplessità, per ragioni simili, serpeggia anche ai piani alti del Pirellone.
Ad Arcore oggi a mezzogiorno, nell’incontro previsto per risolvere le questioni ancora aperte legate alle liste regionali, si discuterà anche di questo. I temi saranno approfonditi con il presidente della Regione, Roberto Formigoni, e con il coordinatore regionale, Guido Podestà, che avevano chiesto di parlarne con il presidente del Pdl in un colloquio atteso per ieri sera e poi rinviato a oggi. Domani sera è poi in calendario l’incontro tra Berlusconi e Umberto Bossi, in cui saranno affrontate le incognite ancora aperte che riguardano il listino.
Ieri mattina, durante un collegamento telefonico con il convegno di Rete Italia a Riccione, il presidente del Consiglio aveva ribadito la sua intenzione di avere candidature all’altezza, sottolineando al contempo di non accettare lezioni di moralità dalla sinistra: «Vi assicuro che non c’è alle porte nessuna Tangentopoli e non ci sarà nelle nostre liste nessun personaggio compromesso in modo certo».
I vertici regionali del Pdl hanno già escluso, per ragioni di opportunità politica, il debutto nel collegio di Varese di Nino Caianiello, rinviato a giudizio dalla Procura di Varese per concussione, perché accusato da un imprenditore di aver preso una tangente. Naturalmente si tratta di accuse da provare, ma essendo Caianiello una possibile new entry e non un candidato uscente, il partito ha ritenuto preferibile rimandare a un momento più opportuno un suo debutto in Consiglio regionale.
Un’altra questione controversa riguarda l’uscente Gianluca Rinaldin, candidato a Como e indagato per una vicenda che riguarda il turismo sul lago. Molti ritengono probabile che gli sarà chiesto un passo indietro per il bene del partito, nonostante anche in questo caso la vicenda giudiziaria non sia ancora conclusa. Rimane poi la vicenda di Massimo Ponzoni, assessore interrogato nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto dell’imprenditore Giuseppe Grossi.
I criteri del partito, comunque, sono più ampi.
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