Emiliano Leonardi
Il 23,9 per cento degli abitanti del Lazio pratica sport in maniera continuativa, il 33,9 per cento ha un rapporto con lo sport saltuario, il 42 per cento non ha la minima confidenza con lattività ludica.
Parla chiaro lultima statistica realizzata dal Comitato olimpico nazionale italiano (e presentata ieri mattina al Coni) che allinea questa volta la nostra regione con le altre superfici di fascia (poco più sotto della Lombardia e del Veneto, e poco più su del Piemonte e della Toscana); «offendendola» al confronto del Trentino Alto Adige (dove lo sport viene praticato dal 31,3 per cento della popolazione) e ingigantendola quando si vanno a confrontare le indagini con quelle di Campania e Molise, ultime nella graduatoria dei praticanti ma non per questo regine della sedentarietà, ruolo che spetta di diritto (o quasi) alla Sicilia, che presenta più di un pantofolaio su due abitanti. Sono questi i dati più chiarificatori estrapolati da «I numeri dello sport italiano», il bilancio del Coni redatto e prospettato allindomani di ogni edizione dei Giochi olimpici al fine di fare il punto della situazione e di aggiornare i programmi di attività futura. Numeri (per lItalia e per la nostra regione) certo non allarmanti, ma che cominciano a essere preoccupanti, perché evidenziano una fase di regresso in confronto al dopo-Atlanta 96. Quelli del Lazio sono in fotocopia a quelli del Belpaese, e sono stati snocciolati dal presidente Gianni Petrucci al cospetto del gotha dirigenziale delle federazioni sportive e della stampa. Aumentano dunque i «casalinghi», quelli che gli viene il fiatone al solo pensiero di allacciarsi le scarpe da ginnastica per un giro di palazzo, anche se il popolo laziale vede comunque aumentare gli sportivi e i campioni, segno evidente di come la forbice fra i fuoriclasse e i nullafacenti sia diventata troppo ampia. Ne deriva che dal 1997 a oggi si deve registrare lallarmante aumento del numero di persone che non praticano attività sportive, sia per colpa di strutture inesistenti (o fatiscenti), ma anche per la poca abitudine al sacrificio di molti. Inoltre, nei dati presentati, cè il riscontro della riduzione dellattività fisica nella fascia dei giovanissimi tra gli 11 e i 14 anni.
Un «allarme rosso» su cui ha insistito il numero uno dello sport nazionale: «Siamo preoccupati per questa fascia che non fa sport - ha sottolineato il presidente del Coni -. Per questo abbiamo rilanciato i Giochi della Gioventù, perché vogliamo combattere la piaga sociale della sedentarietà».
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