Politica

«Aborto, c’è chi gioca sulla pelle delle donne»

Ministro Storace, la accusano di fare campagna elettorale sulla pelle delle donne. È così? Si sta preparando davvero alle nuove elezioni?
«La campagna elettorale non è iniziata, però io mi sto preoccupando della salute delle donne».
Perché, allora, questa polemica sulla pillola abortiva, la Ru486?
«È interessante chiederlo alle Regioni. Dal 1997 ad oggi è possibile acquistare i farmaci non registrati in Italia. Fino al 2004 i farmaci acquistati sono stati 10mila, Ru486 zero».
Come mai, secondo lei, non è stata comprata?
«Perché adesso, evidentemente, c’è un’iniziativa politica di altri che vogliono fare campagna elettorale sulla pelle delle donne».
Lei ha sospeso la sperimentazione della pillola abortiva. Come mai? In fondo è già sperimentata altrove.
«Io l’ho interrotta, ma poi l’ho riavviata, perché c’era un problema che riguardava “dove” la donna potesse prendere questa pillola abortiva. Tra il primo e il secondo dosaggio c’era un passaggio a casa, c’è il rischio di un’emorragia. La 194 prevede un percorso interamente ospedaliero, per garantire che la donna che abortisce abbia a fianco un medico che possa controllarne le condizioni di salute».
Quindi tutte le regioni e tutti gli ospedali potrebbero oggi chiedere di utilizzare la pillola abortiva.
«La sperimentazione è una cosa, l’utilizzo della pillola un’altra. La sperimentazione serve a dimostrare l’efficacia di un farmaco, la pillola dici: non ce n’è bisogno, la vado a comprare. Quindi, diciamo, una gara un po’ strana quella che stanno facendo le Regioni».
Sì, ma se non ce n’è bisogno quindi possono distribuirla?
«No, il farmaco non è registrato non perché l’Italia abbia detto di no alla registrazione, ma perché l’azienda non ha chiesto all’Italia di registrarlo».
Molte donne, soprattutto quelle che appartengono ai comitati di questo tipo, sostengono che in realtà lei sottovaluta il dolore delle donne quando si sottopongono a un aborto chirurgico.
«Io credo che vada rispettata la donna che decide di abortire: lo fa con travaglio, con angoscia, con sofferenza. Constato che dal 1997 a oggi, cioè da quando è in vigore quella norma che consente di acquistare questo farmaco, ci sono stati milioni di aborti in questo nostro Paese e non ci è stata mai alcuna richiesta di acquistare questa pillola».
Lei ha sostenuto che l’aborto ormai è diventato una sorta di metodo contraccettivo.
«Io ho detto e affermato che bisogna verificare se è contraddetto il primo articolo della legge, quello che dice “l’aborto non è il mezzo per controllare le nascite”. Ogni anno abbiamo 500mila bambini che nascono, ma ci sono anche 130mila aborti. Io credo che sia doverosa una riflessione sul perché non ci sono pratiche di prevenzione che limitino gli aborti anziché le nascite».
Lei non si prepara a modificare le norme che regolano i consultori?
«No, io la 194 non la voglio toccare. La legge sui consultori è un’altra cosa rispetto alla 194. Adesso la discussione è sulla 194».
La 194 non la vuole toccare. E la legge sui consultori?
«Non ci ho messo la testa sopra. È una proposta che c’è e che sale dalla società, però io ho il dovere di rispondere con chiarezza alla domanda principale, “Lei vuole toccare la legge sull’aborto?”. Non voglio toccare la legge sull’aborto, la voglio solo applicare. La riforma dei consultori viene proposta per una serie di motivi: magari anche di carattere etico o altro, ma non è una questione che posso affrontare da solo, perché non riguarderebbe solamente il mio ministero. Io mi occupo delle competenze del mio ministero».
Quindi, secondo lei, è possibile discutere di una riforma dei consultori.
«Non è possibile semplicemente perché siamo alla fine della legislatura».
Lei ha detto che la 194 non è applicata interamente. Qual è la parte che non è applicata?
«L’ho detto prima: i primi cinque articoli, quelli dedicati alla prevenzione. Ad esempio, proprio sui consultori: si è molto discusso sulla questione dei volontari del Movimento per la vita. Io credo di aver risposto a una domanda che mi è stata posta “ma lei farebbe utilizzare questi soggetti?”. Dico sì, ma ovviamente penso a una rappresentazione al plurale, dei movimenti di volontariato. Non credo che il volontariato possa servire solamente a soccorrere un barbone: può soccorrere anche una donna che vuole evitare l’aborto. E la legge 194, al secondo articolo, prevede proprio che i consultori possano avvalersi del sostegno del volontario per le finalità di prevenzione».
Ma lei si definirebbe antiabortista?
«Io culturalmente lo sono. Però non dimentico mai di essere ministro della Repubblica che ha varato una legge sull’aborto. Credo che quella legge consideri insieme due diritti: quello ad abortire e quello a non abortire. Perché si intitola “La tutela della maternità”. Credo che lo Stato debba garantire entrambi i diritti».
La legge 194 fu fatta più di vent’anni fa sull’onda di una particolare situazione e sull’onda anche di un movimento femminista che la richiedeva con forza. Oggi lei non pensa davvero che sia il caso di fare qualche riflessione su quella legge?
«Noi dobbiamo verificare se ha raggiunto gli scopi che si erano prefissati all’epoca. Credo che la lettura di dati completi potrà darci due strade: o quella della modifica, nel caso che l’obiettivo non sia stato raggiunto - ma, ripeto, io preferirei che fossimo di fronte alla strada che prediligo, o appunto la seconda. Quella di dire: “Se quegli obiettivi non sono stati raggiunti, è perché è fallita la legge, o perché non è stato nemmeno tentato il raggiungimento di quegli obiettivi?”. Allora, proviamoci».
I suoi avversari la accusano di strizzare un po’ troppo l’occhio alla Conferenza episcopale.
«Non credo che sia giunta la stagione in cui dobbiamo vergognarci di esserci cattolici. Credo, però, di conoscere molto bene qual è il confine tra la fede e l’istituzione che devo rappresentare guidando il ministero. Credo anche, se mi è permesso, che ci sono dei valori che non debbano essere confinati nel recinto della religione cattolica: il diritto alla vita non riguarda anche la persona che non crede? Non è un valore universale?».
Ma lei è cattolico?
«Cattolico praticante».
Secondo lei saranno determinanti i voti dei cattolici alle prossime elezioni?
«Credo che si tratti di un consistente numero di elettori. Non so se poi il cattolico vota in ragione della sua fede: questa è un’altra questione. Sicuramente i cattolici in Italia sono tantissimi, però io credo che sarebbe davvero riduttivo ragionare in termini elettoralistici su questa questione».
La Conferenza episcopale ha anche criticato la devolution, soprattutto dal punto di vista sanitario. Lei è preoccupato per questa benedetta devolution? Ci saranno venti Sanità in Italia?
«Io ho letto anche la correzione del giorno successivo a quel documento. Le venti sanità in Italia ci sono già oggi perché è in vigore una riforma voluta dall’Ulivo in cui si dà l’organizzazione della sanità praticamente alle Regioni. Di più: l’Ulivo, quando fece quella riforma costituzionale, cancellò l'interesse nazionale. Di più: l’Ulivo cancellò anche la figura del ministero della Salute. Lei sa che quando Berlusconi ha vinto le elezioni, ha dovuto varare un decreto per fare ministro il mio predecessore Sirchia».
Alcuni hanno sostenuto che il famoso decreto sulle «quote rosa» in realtà è una compensazione proprio dopo le polemiche sull’aborto sulla pillola antiabortiva. Lei cosa ne pensa?
«La fantasia è libera».
Che cosa pensa delle battaglie della collega Prestigiacomo a proposito di «quote rosa»?
«Che sulle “quote rosa” la battaglia è giusta, ma è sbagliato che la faccia lei. Avrebbero dovuto farla i leader della coalizione: sono gli uomini che devono combattere per affermare i diritti delle donne».
Però lei spesso polemizza con le donne: ha polemizzato con la Prestigiacomo, con la Mussolini e con Rosy Bindi di cui disse addirittura «non è una donna».
«Be’, le telefonai il giorno dopo».
Si pentì?
«Ma certo, figuriamoci».
Della Mussolini, invece, cosa pensa?
«Con la Mussolini non è che ho polemizzato io: si è candidata lei contro di me perché ce l’aveva con Fini, perché Fini era andato a Gerusalemme lei uscì dal partito. Sono cose che accadono. E non è che con l’avversario che si candida contro di te non polemizzi, non si è mai visto».
Di Fini lei ha detto «Ormai è finito anche l’affetto».


«Ero abbastanza arrabbiato quel giorno, oggi non lo ridirei».

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