Bari - Una «clausola espulsiva», una procedura «discriminatoria oltre che irrazionale»: così, senza usare mezzi termini, i giudici del Tar bocciano in pieno la delibera sulla riorganizzazione dei consultori voluta dalla giunta regionale pugliese guidata da Nichi Vendola. Il piano messo a punto dalla squadra del governatore di Sinistra ecologia e libertà prevede l’esclusione dei medici non obiettori dai concorsi per le prossime assunzioni: una decisione presa a fine marzo che sollevò un polverone e innescò una battaglia ideologica su cui adesso interviene la magistratura con un provvedimento netto che non lascia spazio a interpretazioni. E così le regole che a molti erano parse il primo atto di una battaglia laicista nella Puglia vendoliana sono state spazzate via dalle 28 pagine con le quali i giudici hanno accolto il ricorso presentato da nove medici cattolici: gli atti della giunta, ritenuti tra l’altro anche in contrasto con la Costituzione, sono stati quindi annullati.
La delibera finita al centro delle polemiche è la numero 735, elaborata a marzo dagli assessorati al Welfare e alla Sanità. L’obiettivo è il potenziamento della rete dei consultori e del «percorso nascita»: la Regione individua il numero delle strutture e assegna le risorse finanziarie «per consentire di integrare la dotazione organica» con l’assunzione di ginecologi e ostetriche non obiettori di coscienza. Insomma, secondo questa disposizione, quando le Asl procederanno al reclutamento di nuovo personale saranno obbligate a inserire quella specifica condizione, cosa del resto già avvenuta a Putignano e Corato, in provincia di Bari, dove sono stati banditi concorsi che escludevano dalle selezioni gli obiettori.
La decisione della Regione ha provocato un’autentica rivolta: in nove, tra cui il presidente nazionale dei medici cattolici, Filippo Boscia, si sono rivolti alla magistratura. Nel ricorso, elaborato dall’avvocato Nicolò Mastropasqua, l’atto della giunta viene definito una «scelta discriminatoria» nei confronti di professionisti colpevoli di essere stati «coerenti con le proprie convinzioni ideologiche, morali e religiose e in perfetta sintonia con il disposto normativo». Una tesi accolta in pieno dal tribunale amministrativo, che boccia la delibera su più fronti: secondo i giudici «vìola il principio costituzionale di eguaglianza» dell’articolo 3 della Costituzione «oltre che i principi a fondamento della obiezione di coscienza». Ma non solo, perché l’atto risulta in contrasto anche con l’articolo 4 della Costituzione, «relativo al diritto al lavoro».
Nonostante il coro di critiche approdate anche in Parlamento, dalla Regione hanno sempre difeso le proprie scelte. E tanto meno hanno mai pensato di mettere la retromarcia. «Non è in atto alcuna discriminazione dei medici obiettori, ma solo la ferma volontà di garantire la piena applicazione della legge 194 e la tutela dei diritti delle donne», era stata la replica degli assessori vendoliani. Ma il Tar evidentemente non è dello stesso avviso: «Una procedura selettiva che escluda aprioristicamente i medici specialisti obiettori dall’accesso ai Consultori appare discriminatoria oltre che irrazionale poiché non giustificata da alcuna plausibile ragione oggettiva».
Anche perché «il medico obiettore legittimamente inserito nella struttura del Consultorio è comunque tenuto all’espletamento di quelle attività istruttorie e consultorie», cioè la presenza teorica di soli obiettori all’interno del consultorio appare irrilevante ai fini della corretta applicazione della legge 194.
I magistrati escludono quindi che vi sia la necessità di far rispettare la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e concludono ritenendo quella delibera «in contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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