Ehud Olmert lha messo allangolo, Hamas gli ha tirato il colpo di grazia. Lultimo supplizio di Abu Mazen sono i cento milioni di dollari versatigli lo scorso gennaio da Israele. Quei soldi provenienti dalle rimesse doganali palestinesi raccolte alle frontiere israeliane e congelate dopo la vittoria fondamentalista dovevano venir usati per alleviare le sofferenze della popolazione o per rafforzare le forze anti Hamas fedeli alla presidenza. Così almeno prevedevano i patti del presidente dellAnp con Washington e Israele. Invece dopo laccordo alla Mecca sono stati usati anche per pagare gli stipendi della forze di sicurezza controllate da Hamas. La questione dellutilizzo dei fondi viene a galla domenica scorsa durante il vertice tra il presidente e il premier.
Olmert messo sullavviso dalla propria intelligence chiede ad Abu Mazen un rendiconto preciso. Il presidente palestinese tergiversa. Hamas ne approfitta e lo incastra ammettendo di aver attinto a una parte di quel denaro per pagare le proprie milizie. «La Forza Esecutiva fa parte dei servizi di sicurezza e al pari delle altre forze che li compongono hanno ricevuto una parte dei propri stipendi», ammettono alcune fonti del gruppo fondamentalista.
La pugnalata alla schiena non è casuale. Confessando di aver potuto disporre dei dollari sbloccati da Olmert, Hamas delegittima il presidente palestinese agli occhi di Washington e dIsraele imprigionandolo in un abbraccio mortale. Rafforza insomma la compattezza di quel fronte della Mecca deciso a dar vita a un governo di unità nazionale senza alcun riconoscimento dIsraele, senza alcuna rinuncia alla violenza e senza una piena ed esplicita ratifica degli accordi di pace pregressi. Hamas punta chiaramente a far piazza pulita dei tentativi americani e israeliani di sviluppare, intorno alla presidenza palestinese, una struttura politica e militare in grado di contrapporsi allegemonia fondamentalista nella Striscia di Gaza. Abu Mazen sembra, daltra parte, il miglior strumento nelle mani di Hamas. Utilizzando al meglio lopportunità offertagli dallArabia Saudita, lha indotto a firmare un accordo che lo delegittima agli occhi della comunità internazionale e lo allontana dalle posizioni di Mohammad Dahlan e degli altri consiglieri decisi a regolare i conti con i fondamentalisti. In questoperazione di annichilimento della presidenza, Hamas sfrutta al meglio il contesto regionale. A disinnescare i piani di Washington contribuiscono sicuramente anche lArabia Saudita e altri paesi arabi tra cui la moderata Giordania. Preoccupati dallidea di una guerra civile palestinese, le potenze mediorientali hanno imposto ad Abu Mazen di rinunciare allo scontro frontale proponendogli in cambio di quel piano saudita che prevede la nascita di uno Stato palestinese in cambio del pieno riconoscimento dIsraele da parte di tutta la Lega Araba. La pugnalata di Hamas al presidente dellAnp rischia però di spiazzare anche i piani della Lega e di congelare qualsiasi dialogo politico. Olmert, già sotto i minimi storici negli indici di popolarità, ben difficilmente potrà continuare a dialogare con un presidente palestinese ostaggio di Hamas. «Questo va contro tutti gli accordi», ha detto ieri un funzionario israeliano commentando le ammissioni di Hamas.
In questo clima di nuovo stallo politico riemerge il fantasma di una nuova offensiva militare nella Striscia di Gaza per impedire il rafforzamento delle milizie integraliste. Ad accrescere la convinzione di quanti la considerano unesigenza indilazionabile contribuiscono le dichiarazioni del capo dello Shin Bet, Yuval Diskin, alla Knesset.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.