Milano - Il giudice del tribunale di Milano ha rinviato al prossimo 18
giugno il processo che si è aperto oggi sul rapimento nel 2003 dell’ex imam Abu Omar a carico
di ex vertici del servizio segreto militare italiano e di agenti dell’intelligence Usa. Un caso che
costituisce il campo di un conflitto fra il governo e la magistratura milanese, oltre a un motivo di
imbarazzo per le relazioni Italia-Usa e un intreccio con punti di contatto con altre vicende di
spionaggio come l’inchiesta sui dossier Telecom.
Il 18 giugno, il giudice Oscar Magi deciderà sulla richiesta avanzata dalla difesa dell’ex
direttore del Sismi, Nicolò Pollari, di sospendere il processo in attesa della decisione della
Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato sollevato dal governo, che
ritiene che la magistratura milanese abbia violato norme sul segreto di Stato.
La richiesta è stata contestata oggi dal pm milanese Armando Spataro, secondo il quale "far
derivare da una dichiarazione di mera ammissibilità della Corte Costituzionale la conseguenza
che il processo debba essere sospeso è grave in diritto e sarebbe grave anche dal punto di
vista della ripartizione dei poteri stabilita dalla Costituzione".
In aula un solo imputato, contumaci gli altri Nel febbraio scorso, sono stati rinviati a giudizio con l’imputazione di concorso in sequestro
di persona l’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari e altre 32 persone, fra le quali l’ex numero tre
del Sismi Marco Mancini - fra gli indagati nell’inchiesta sulla raccolta di informazioni illegali da
parte della Security di Telecom Italia - e 26 agenti americani della Cia.
Durante l’udienza di oggi - che ha visto oggi in aula solo uno dei 33 imputati - il giudice Magi
ha dichiarato la contumacia per i 26 agenti Usa e di tutti gli assenti dal processo, ed ha
ammesso la costituzione di parte civile al processo di Abu Omar e della moglie.
Oggi il giudice ha anche respinto la richiesta delle difese di due imputati di tenere il processo
a porte chiuse per motivi di sicurezza.
In aula era presente solo l’ex-agente del Sismi Luciano Di Gregorio, che si è detto "pronto ad
affrontare a viso aperto questo processo".
Nel corso dell’udienza è intervenuto anche Titta Madia, uno degli avvocati di Pollari, dicendo
che il suo assistito si presenterà "non appena la sua presenza in questo dibattimento sarà utile,
anche in relazione a motivi legati alla sua sicurezza".
I legali di Abu Omar: vuole venire in Italia Citato come testimone dalla procura e lui stesso sotto inchiesta a Milano per
terrorismo internazionale, Abu Omar venne rapito a Milano nel 2003 nei pressi del centro islamico di viale
Jenner, condotto nella base di Aviano, da qui in Germania e poi in Egitto, dove fu rinchiuso
in carcere e dove sostiene di aver subito torture.
L’avvocato egiziano dell’ex-imam, Montasser al-Zayat, ha detto oggi che il suo assistito "sta
seguendo quello che sta succedendo, è molto contento perché siamo arrivati al dunque, e vuole
venire in Italia per partecipare a questo processo, anche a costo di andare in
prigione".
Al-Zayat ha riferito che "ci sono ostacoli posti dalle autorità egiziane". Ieri sera, ha detto il
legale, "la moglie di Abu Omar avrebbe voluto venire in Italia, ma ha detto di essere stata
bloccata all’aeroporto".
Attesa per le decisioni della Consulta La Consulta è stata chiamata a decidere sul conflitto di attribuzione fra i poteri dello stato e
dovrà sancire una volta per tutte il comportamento che dovrà assumere il governo italiano
sull’istanza di estradizione dagli Usa presentata dalla procura di Milano sugli agenti statunitensi,
sui quali pende un mandato di cattura internazionale, "stoppata" sia dal ministro della Giustizia Roberto Castelli, che dall’attuale Guardasigilli del governo Prodi,
Clemente Mastella.
I magistrati di Milano hanno manifestato l’intenzione di sollevare un "controconflitto" davanti
alla Consulta, sostenendo nell’atto di costituzione nel procedimento davanti ai supremi giudici
che vi sarebbero state "lesioni costituzionali della procura di Milano".
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