"Abusi di Abu Grahib: Rumsfeld è colpevole"

Il documento, che porta la firma di John McCain, mette sotto accusa l’allora capo della Difesa: autorizzò l'uso di tecniche di detenzione e interrogatorio illegali. Le responsabilità dell’amministrazione uscente

"Abusi di Abu Grahib: 
Rumsfeld è colpevole"

Tutta la verità non è ancora dato saperla. Ma quelle 29 pagine che riassumono il rapporto bipartisan della Commissione forze armate del Senato Usa bastano e avanzano per dare il colpo di grazia al già ammaccato falco Donald Rumsfeld. Reso pubblico - solo in parte - giovedì sera, il documento afferma che le decisioni dell’ex capo del Pentagono sono state «la causa diretta» degli abusi sui detenuti a Guantanamo e nel carcere di Abu Ghraib in Irak. Sotto accusa anche altri alti funzionari dell’amministrazione George W. Bush. Con la quale decide di dare un taglio netto lo stesso ex candidato repubblicano alla presidenza Usa, John McCain. È infatti sua l’altra firma in calce al rapporto, insieme a quella del senatore democratico Carl Levin.

«Falsa» e «priva di scuse», sostengono i due cofirmatari, la storia delle «poche mele marce» raccontata dall’allora segretario alla Difesa Paul D. Wolfowitz per giustificare le torture sui prigionieri del carcere di Abu Ghraib venute alla luce nel 2004 con un reportage choc del programma 60 minutes della Cbs. Le immagini fecero subito il giro del mondo: mostravano detenuti iracheni in situazioni umilianti, nudi, ammucchiati a piramide, incappucciati e collegati a finti elettrodi. Nel 2005 un rapporto dell’Ispettore Generale dell’esercito indicò come colpevoli alcuni sottoposti. Furono esentati da biasimo il generale Ricardo Sanchez, allora capo delle forze Usa in Irak, e i suoi vice. Il generale Janis Karpinski, all’epoca capo della rete delle prigioni in Irak, fu degradata al rango di colonnello. È stata la più alta in grado sanzionata. In quel frangente Rumsfeld fece mea culpa, ma rimase al suo posto.

Il rapporto spiega che gli abusi nacquero da tecniche di interrogatorio estreme approvate da Rumsfeld e da altri alti ufficiali con un ordine del dicembre 2002 riguardante il carcere di Guantanamo. Le tecniche erano ispirate al programma Sere («Survival, Evasion, Resistance and Escape»), pensato decenni fa per dare agli agenti americani un assaggio di quel che avrebbero potuto sperimentare se fossero caduti in mano sovietica o cinese. L’ordine è stato ritirato dopo sei settimane, ma comunque «ha influenzato e contribuito all’uso di metodi illeciti» in Afghanistan e Irak. Responsabilità vengono attribuite anche al capo della Casa Bianca, ormai uscente, George W. Bush. Il documento bipartisan cita un memorandum presidenziale del febbraio 2002, che nega ai detenuti catturati in Afghanistan la protezione della Convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra, inviando un messaggio implicito che ha avuto «impatto sul trattamento dei detenuti sotto custodia americana».

Abu Ghraib, insieme alle pratiche in vigore nel carcere militare di Guantanamo e allo scandalo poi scoppiato delle «extraordinary renditions» e dei

cosiddetti «voli Cia», ha puntato i riflettori sulla politica adottata dall’amministrazione Bush per ottenere informazioni dai detenuti. Eredità con cui ora dovrà fare i conti il neoeletto presidente democratico Barack Obama.

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