Roma Tra la patacca colposa e la patacca volontaria la più grave senza dubbio è la seconda. Osservando le più recenti scivolate di Repubblica, ultima quella di ieri sulla crisi istituzionale tra Italia e Spagna (smentita dal governo di Madrid), emerge con chiarezza a quale categoria appartengano le sviste in esame: i «delitti» di carta del quotidiano del gruppo l’Espresso appaiono tutti commessi con premeditazione. Non sarebbe altrimenti spiegabile la sequenza seriale di notizie, se non proprio false comunque fosche, paurose e tendenti a invocare la malasorte, che hanno riguardato il governo in carica e che sono state spesso smentite nemmeno dal governo, ma dai fatti. Anche epocali, come la stretta di mano all’Aquila tra il colonnello Gheddafi e Barack Obama, che ha stritolato i pettegolezzi sul presunto fastidio della Casa Bianca per la presenza libica al G8.
Non c’è stato bisogno di smentite, ma sono bastati occhi attenti, invece, per cogliere l’ultima strepitosa fantasia giornalistica del foglio di largo Fochetti: la lista dei firmatari dell’appello per la libertà di stampa e contro il premier Berlusconi appoggiata da Topo Gigio, Pinco Pallo, Vorrei Che parlaste. Questi simpatici personaggi creati per l’occasione dalla bacchetta del Mago Merlino comparivano nell’elenco del sito Repubblica.it.
La penultima smentita in ordine di tempo è la più sensazionale: arriva da un magistrato e riguarda l’inchiesta regina dell’estate rosa di Repubblica, i rapporti del premier con le donne. Niente di tutto ciò che è stato pubblicato ha valenza penale. Non c’è iscrizione nel registro degli indagati, non c’è crimine, e nemmeno, a questo punto, interesse investigativo: «È di tutta evidenza che il presidente del Consiglio è assolutamente fuori da qualsiasi responsabilità penale», è stata la dichiarazione lapidaria del procuratore di Bari, Antonio Laudati, appena tre giorni fa.
La terz’ultima smentita a Repubblica è giunta nientemeno che dal Papa, attraverso il quotidiano della Santa sede, l’Osservatore Romano. Sette settembre, editoriale del direttore, Gian Maria Vian: a Viterbo «il Papa è stato accolto dalle autorità civili in un quadro di evidente serenità istituzionale». Il 6 settembre a Largo Fochetti si drammatizzava sul cardinale Ruini «preoccupato per i rapporti tra la Chiesa e lo Stato».
L’elemento di tragedia e pathos invece a giugno era un possibile evento sismico di grande intensità durante i giorni del G8. Sette giugno: «L’Aquila tra spot del G8 e solitudine nelle tende». Ventiquattro giugno: «G8 all'Aquila con l'allarme terremoto». Un rispettoso spazio veniva riservato alla Cassandra abruzzese Giampaolo Giuliani, il tecnico che studia il gas radon: «Probabilità di eventi sismici di magnitudo superiore a 3.0». Quattro luglio: «Ma c’è poco da star tranquilli... È chiaro che una scossa più forte di quella registrata ieri potrebbe anche far saltare il G8». Contemporaneamente però il ciclone Papi già avanzava, occupando spazi devastanti sul quotidiano. Trenta giugno: «Il G8 naufragherebbe anche se ci fosse un “salto di qualità” nelle indagini condotte in Puglia... che potrebbero far riprecipitare nel baratro il summit aquilano». Ma il 10 luglio anche Repubblica scriveva (ammetteva): «L’Italia promossa all’ultimo minuto». Obama si commuoveva: L’Aquila «in my heart».
C’è poi lo strano caso del signor Hammarberg, il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa che spesso sul quotidiano diretto da Ezio Mauro è stato definito «Europa», come se fosse un superpresidente galattico che detta ordini a Barroso (il Consiglio d’Europa è un organo esterno alla Ue). Il 30 luglio del 2008 Repubblica titolava in prima pagina: «Immigrati, è scontro tra l’Europa e Maroni», quando il signor Europa altri non era appunto che Thomas Hammarberg, che sparava a zero sul pacchetto sicurezza. Infine la «profezia del 5 luglio». La Campania era asfissiata dall’immondizia. A largo Fochetti naturalmente si presagiva il peggio. Giuseppe D’Avanzo, 28 aprile 2008: «Conviene cominciare a contare. Da oggi al 5 luglio mancano 69 giorni. Soltanto 69 giorni per precipitare nel pieno dell’estate, del calore, di una nuova, tragica e teatrale “emergenza rifiuti” e quindi in una crisi urbana, in una catastrofe sociale che potrebbe non risparmiare, questa volta, patologie infettive degne di altri secoli».
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