Acqua, sempre più comumi si affidano ai privati

È quanto emerge dal primo censimento delle risorse idriche a uso civile effettuato dall’Istat e diffuso oggi. Il numero dei comuni nei quali le società affidatarie gestiscono almeno una tipologia di servizio idrico (dal prelievo alla depurazione) passando da 4.052 nel 2007 a 4.729 nel 2008, la quota sul totale dei comuni passa da 50% a 58,3%

La tendenza di molti comuni a trasferire la gestione dei servizi idrici ai nuovi gestori affidatari si conferma anche nel 2008. È quanto emerge dal primo censimento delle risorse idriche a uso civile effettuato dall’Istat e diffuso oggi. Il numero dei comuni nei quali le società affidatarie gestiscono almeno una tipologia di servizio idrico (dal prelievo alla depurazione) passando da 4.052 nel 2007 a 4.729 nel 2008, la quota sul totale dei comuni passa da 50% a 58,3%. L’Istat ha rilevato che se non si nota un effetto contenimento della dispersione con il progressivo affifìdamento dei servizi idrici a società che sono per lo più a controllo pubblico, tuttavia aumenta progressivamente il livello di depurazione. Gli impianti per la depurazione delle acque reflue domestiche nel 2008 ha riguardato 59 milioni di abitanti rispetto ai 46,6 del 1999 (+26,6%). E, in riferimento ai 17 bacini più grandi, con oltre 500mila abitanti il Bacino di utenza di Rimini (che comprende i comuni di Riccione e Cattolica) è quello che soddisfa pienamente le necessità depurative. La capacità progettuale disponibile risulta superiore alle necessità stimate per far fronte anche ai giorni di affluenza turistica eccezionale. Gli impianti sono effettivamente utilizzati, in media annua, per il 97,7% del totale degli abitanti equivalenti urbani stimati. Il fenomeno dell’eutrofizzazione, che colpì la zona alcuni anni fa, per quanto dovuto solo in parte alla depurazione urbana, ha notevolmente alzato l’attenzione dei responsabili territoriali al fine di offrire a tutti gli utenti del litorale un ambiente pulito.

Al 31 dicembre 2008 i gestori dei servizi idrici, specializzati e in economia, operanti in Italia sono 3.351, di cui 114 risultano affidatari del servizio idrico integrato (dal prelievo all’erogazione e alla depurazione). Nel 2005 i gestori erano 79, sono passati a 104 nel 2007 e a 111 operativi nel 2008. Nel periodo 1999-2008 le regioni che più delle altre hanno effettivamente utilizzato i propri impianti di depurazione, sono l’Umbria, che ne ha raddoppiato l’efficienza (+101,7%), la Basilicata (+93,5%) e la Calabria (+86,8%). Il minor incremento nell’effettivo utilizzo degli impianti si osserva in Emilia-Romagna (+11,2% dal 1999 al 2008), in Piemonte (+13,1%) e nella provincia autonoma di Trento (+14,3%). Rispetto al 2007, quando è stata realizzata una rilevazione precensuaria presso le Autorità d’Ambito territoriale ottimale (AAto) per definire la lista degli enti attivi, il numero dei gestori è diminuito del 18,9%. Il calo risulta ancora più forte, pari al 57,2%, in confronto alla rilevazione censuaria del 1999 quando i gestori erano 7.826. Nel 2008 le AAto insediate sono 91 sulle 92 previste dalla Riforma dei servizi idrici. Le AAto che hanno provveduto all’affidamento della gestione del Servizio idrico integrato (Sii) a gestori operativi sono 67, due in più rispetto al 2007. In questi ambiti operano 111 gestori, sette in più rispetto al 2007. Pertanto, in alcuni Ato opera più di un gestore, nonostante la riforma sui servizi idrici preveda un gestore unico per ogni Ato. L’Istat ha stimato la capacità necessaria degli impianti di depurazione delle acque reflue, per il 2008 sono stimati, nella somma dei comuni italiani, 100 milioni di abitanti equivalenti totali urbani.

Essa include gli abitanti residenti nel comune (con esclusione degli abitanti residenti in case sparse, raramente collegate alla rete fognaria), gli abitanti pendolari per motivo di studio o di lavoro (in entrata e in uscita dal comune per la quota di tempo trascorso), i pubblici esercizi alimentari e l’offerta turistica del comune.

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