Ad Hammamet una via per Bettino Mastella: io gli avrei dato la grazia

nostro inviato a Hammamet (Tunisia)

Meno male che provvede Clemente Mastella a salvar l'onore del centrosinistra: dopo avere spedito qui una delegazione dell'Udeur, il ministro della Giustizia lancia poi un messaggio telefonico diretto, che scatenerà certamente discussioni e liti nell'Unione. Perché qui, all'imbocco del vialone dove si va scoprendo la targa luminosa che indica «Avenue Benedetto (Bettino) Craxi» mentre sventolano bandiere tunisine e italiane, la famiglia del leader socialista a ranghi completi, centinaia di reduci volati da Milano, Roma e Palermo, le autorità tunisine stan per giungere, il sole splende e l'aria è tersa, il cronista prende nota dei politici scesi a celebrare il 7° anniversario della morte in esilio di Bettino Craxi. Li elenca sigla per sigla. Non manca la Rosa nel pugno, con Donato Robilotta. Si dà per presente anche An, Gustavo Selva ha telefonato, è in ritardo ma sta arrivando. Quasi tutti i partiti sono rappresentati. Tutti, meno la Quercia. Non c'è un ds nemmeno di terza fila tra quanti rivendicano le radici riformiste oppure oppongono alle nebbie del Partito democratico le certezze dell'Internazionale socialista.
Anche il governo s'è limitato a farsi rappresentare dall'ambasciatore, Arturo Oliviero. Tanto che Stefania Craxi ironizza, «par di capire che l'unico esponente del governo è il sottosegretario Bobo Craxi». Ma è l'assenza dei Ds che rende assordante il silenzio delle preci nel cimitero cristiano sotto la Medina, garofani rossi a profusione e il consueto cuscino di rose del presidente Ben Ali, mentre qualche anziano militante trova ancora lacrime da versare. E qui, nel lungo e verde viale di Hammamet Sud, quartiere di villette e grandi alberghi, dove nel pomeriggio di ieri il ministro dell'Interno Rafik Bel Hadj Kassem, con governatore e sindaco, ha scoperto le due targhe mentre la piccola folla scandiva «Bettino, Bettino» e ringraziava «Viva la Tunisia!». Non ci sono i postcomunisti? «È il rimorso», sorride amaro Fabrizio Cicchitto mentre Maurizio Sacconi annuisce, fa eco Margherita Boniver sarcastica, «sono troppo impegnati a piangere per Saddam». Anche Bobo riconosce che la revisione storica avanza «a velocità impressionante» ma non nella sinistra nostrana, che «ha difficoltà non solo a fare i conti col proprio passato, ma anche a trovare le strade del futuro». E Stefano Caldoro sussurra: «Qui c'è la sinistra che aveva ragione».
Forte, la presenza postdemocristiana. Bruno Tabacci e Mario Baccini, a testimoniare per l' Udc contro «i veleni del bipolarismo all'italiana». E Mauro Fabris con Gino Capotosti, a dichiarare la volontà dell'Udeur di «chiudere una pagina di storia». A sera Mastella, quasi pentito di non esserci, ha telefonato ai giornalisti: «Sono ad Hammamet con lo spirito. Io non sono un giudice, do valutazioni politiche, e Craxi è stato un grandissimo innovatore e un eccellente statista; più passa il tempo e più si rivela un maestro della politica, si conferma che aveva ragione lui. Craxi si staglia nella nostra storia come Giolitti, le luci sopravanzano di gran lunga le ombre». Di Pietro e gli altri che protestano? «Dal punto di vista giudiziario sarebbe ormai arrivata anche per Craxi la prescrizione, come per Scalzone. Dunque, che si vuole? Io ad ogni modo, fossi stato ministro della Giustizia nel '99, avrei fatto di tutto per fare avere a Craxi la grazia e permettergli di curarsi in Italia». Gli assenti del centrosinistra? «Hanno sbagliato a non esserci.

Craxi è sempre stato di sinistra, forse proprio per questo lo osteggiano anche dopo morte». Con la chicca finale di una promessa: il ministro della Giustizia, che è pure sindaco di Ceppaloni, intitolerà anch'egli una strada a Craxi.

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