Addio ai risciò Calcutta li mette al bando

da Calcutta

Erano l’ultimo simbolo dell’India misera ma romantica descritta da Rudyard Kipling. I risciò di Calcutta, raccontati da Dominique La Pierre nel libro la «Città della Gioia», vanno in pensione. O per lo meno vanno in pensione i carretti, ma non i «riscio wallas», gli «uomini cavallo» scalzi, quasi sempre poverissimi immigrati, da oggi disoccupati.
A decidere il loro destino è stato il parlamento del Bengala Occidentale, roccaforte dei comunisti indiani, che oggi ha approvato un emendamento di legge per mettere al bando i risciò considerati «mezzi di trasporto inumani». Introdotti dai commercianti cinesi all’inizio del secolo scorso (e poi aboliti con la rivoluzione maoista) oggi sono quasi 6000 con licenza e molti di più gli illegali. Perlopiù non sono proprietari del mezzo, ma pagano l’uso con una parte dei ricavi.
Il provvedimento, che era in discussione da due anni, è stato contestato dall’opposizione, in particolare dal Congresso, il partito di maggioranza guidato da Sonia Gandhi, al governo a Nuova Delhi. Secondo il primo ministro del Bengala Occidentale, il comunista Buddadheb Bhattacharjee, i risciò «rappresentano una vergogna per la città e avrebbero dovuto essere aboliti molto prima».
I risciò sono un mezzo di trasporto molto diffuso e veloce soprattutto durante il periodo delle piogge monsoniche quando la maggior parte delle strade sono allagate.

Per rassicurare i «risciò wallas», il governo locale ha promesso un programma di riabilitazione che però riguarderà solo coloro in possesso dell'autorizzazione comunale.
Stessa sorte ha colpito di recente anche i «pedalatori» di risciò di Chandni Chowk, il popolare bazar che sorge nel cuore storico di Nuova Delhi, costretti presto a lasciare il posto a minibus a metano.

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