Per due volte sono scampati al pericolo. Ora però il Terzo Bersaglieri di viale Suzzani, il reggimento più decorato dell'Esercito italiano, chiuderà per sempre i battenti facendo perdere a Milano i suoi fanti piumati e la loro leggenda.
Pare strano come nel nostro Paese i valori più cari vengano posti in soffitta con facilità da una società che ha scelto di vivere del solo presente.
In un paio di mesi la storia del reggimento di Milano, che durante il secondo conflitto mondiale lasciò migliaia di uomini nella steppa del fronte russo per consentire ai reduci dell'Armir di ripiegare verso Occidente, si spegnerà fra l'indifferenza generale, come accade ad una icona rimasta senza devoti.
Dopo i suoi 137 anni di vita, di cui 60 all'ombra della Madonnina, per il reggimento rimarrà solo la commozione dei pochi veterani che combatterono a Stalino, Ivanowka, Rassjpnaja o Meskoff, oggi ancora viventi, e di quei milanesi che avendovi prestato servizio in tempo di pace hanno sempre vivo il ricordo dei bagni di folla e dei fiori lanciati dalle finestre mentre attraversavano la città, fanfara in testa, al passo di corsa.
Lunedì scorso il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Fabrizio Castagnetti, si è voluto recare personalmente al Terzo per annunciare la notizia dello scioglimento, motivata da una pesante ristrutturazione della Forza Armata che dovrà ridurre l'organico a soli 119.000 uomini.
L'agonia del reparto era ormai tangibile. Sciolta la fanfara, militari effettivi sempre in calo e con ferma di un solo anno, rispetto ai reggimenti operativi che dispongono di soldati in ferma quadriennale, la caserma era ormai divorata dall'espansione cittadina.
Ora gli ufficiali e i sottufficiali del Terzo, su invito del Capo di Stato Maggiore, potranno avanzare richieste di trasferimento secondo le preferenze.
Tuttavia la gloriosa bandiera di guerra, decorata con 4 medaglie d'oro, 4 d'argento, 4 di bronzo, 2 all'ordine militare d'Italia (già di Savoia) e 2 al valor civile, se trasferita in un reggimento operativo al quale cedere nome e tradizioni, avrebbe potuto tener viva una epopea militare che va dalle Guerre d'Indipendenza alla presa di Porta Pia, dal Sei Busi a Monfalcone e Jamiano fino al Don e alla recente missione in Somalia.
Ma non sarà così. Per scansare la mestizia del museo al Vittoriano, al pluridecorato vessillo si troverà posto in un centro addestramento volontari o in altro reparto di minor impiego.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.