Voti, miliardi e interessi. Chi rischia di farsi male nel match Elon-Donald

Musk tenterà lo sgambetto alle urne. Trump colpirà le sue aziende. Il potere politico batte l'economico, ma un compromesso serve a tutti

Voti, miliardi e interessi. Chi rischia di farsi male nel match Elon-Donald
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L'uomo più ricco del mondo ha deciso sempre che non cambi idea ancora una volta di sfidare il più potente del mondo. E annunciando l'imminente discesa in campo con il suo America Party, Elon Musk intende portare la sfida sul terreno del suo rivale Donald Trump: quello politico. Inevitabile chiedersi chi prevarrà in questo braccio di ferro tra ego smisurati, con in palio democratici permettendo il posto di comando nel Paese più importante del pianeta.

La storia, anche recente, ci ricorda che di solito, quando un uomo molto ricco affronta il detentore del potere politico, a prevalere è il secondo. E questo perché il denaro non è sufficiente per avere la meglio su chi dispone di strumenti come i provvedimenti esecutivi mirati "ad personam" o una giustizia (magari addomesticata) da orientare senza scrupoli. In giro per il mondo, in questi ultimi vent'anni, abbiamo ad esempio visto che fine abbiano fatto ambiziosi e ricchissimi imprenditori come gli oligarchi russi Mikhail Khodorkovsky e Boris Berezovsky o il super imprenditore cinese Jack Ma: le loro smisurate ricchezze non hanno evitato al primo di essere depredato, per ordine di Vladimir Putin, delle sue società petrolifere (poi assegnate ai fedelissimi dello "Zar") e di finire per dieci anni in una cella in Siberia, al secondo di dover scappare in Inghilterra inseguito dai sicari del medesimo Putin, che infine lo hanno raggiunto nella sua stessa mega villa londinese, e al terzo di scomparire misteriosamente per un lungo periodo alla vigilia di una mossa societaria troppo sgradita all'onnipotente Xi Jinping, per poi ricomparire a sorpresa, domato e prudentissimo.

Si dirà: l'America non è la Russia, non è la Cina. Certamente. E tuttavia, la sfida che Musk intende muovere a Trump non è una normale tenzone politica. In primo luogo perché Trump sta mettendo in piedi un sistema che negli Stati Uniti non ha precedenti, concentrando nella sua persona il massimo potere possibile e mostrando non solo con le parole, che pure sono rivelatrici della sostanza pochissimo rispetto ai suoi avversari. E poi perché il creso venuto dal Sud Africa è stato fino a ieri un entusiastico sostenitore e un generosissimo finanziatore del presidente che adesso minaccia politicamente. Un attacco personale che per il vendicativo Trump è assai peggio di un affronto. Conoscendo il vecchio tycoon, nessun colpo basso verrà risparmiato pur di schiacciare il "traditore".

Elon Musk gioca una partita difficile in partenza. La scommessa del terzo partito in America non è mai stata vinta da nessuno, nemmeno parzialmente: il complicato sistema politico statunitense mette ostacoli di ogni tipo al radicamento, per non dire al successo, di una vera alternativa allo storico binomio repubblicani-democratici. Non li superarono né i socialisti un secolo fa, né gli ultraconservatori di Wallace negli anni Sessanta e nemmeno l'uomo che più somiglia al Musk di oggi: quel Ross Perot che grazie ai suoi miliardi si arrampicò da indipendente fino al 19% dei suffragi alle presidenziali del 1992. Perot riuscì solo ad impedire la vittoria del favorito repubblicano George H. Bush, spianando la strada al trionfo del carneade democratico Bill Clinton.

Forse solo questo potrà essere il risultato che l'ambizioso Musk riuscirà a conseguire: una vendetta personale sull'uomo che fino a ieri diceva di idolatrare. Per impedirgliela, Trump potrà cercare di azzopparlo economicamente, scatenando i mastini del fisco e magari dell'Fbi contro le sue imprese; potrà perfino decidere di umiliarlo facendolo cacciare dal Paese in quanto "immigrato irregolare", pur di levarselo dai piedi e far capire a tutti chi è che comanda. E però, a ben vedere, tale è il valore strategico per gli Stati Uniti dei colossi industriali messi in piedi dal geniale Musk, che Trump dovrà riflettere bene prima di tirare il collo alla gallina dalle uova d'oro.

Al punto che, come già era successo qualche settimana fa, non ci stupirebbe di assistere a una ricucitura tra i due arcirivali, composta in modo tale da far apparire non che nessuno dei due abbia perduto, ma che entrambi abbiano vinto.

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