Cera una volta in America, ma del grande film di Sergio Leone qui cè rimasto solo il camion della spazzatura che alla fine tritura portando via anche gli ultimi attori. Povero Pd che stamani si specchia in questa immensa e caotica - tremila persone - assemblea che fa sembrare un Parnaso quella socialista dei mitici nani e ballerine, per incoronare segretario Dario Franceschini, il vice di Uòlter che sè appena dimesso con lui avendone condiviso glorie e disfatte. E le primarie? E il sogno americano di far partecipare la ggente, di stimolare il tessuto sociale, di rinnovare e ringiovanire? Non volevano fare come Clinton e Obama, we can?
Sì, se po fa... Eccoli i democrat de noantri: le primarie vanno bene solo col candidato unico e lesito garantito, la ggente va ai gazebo, in parrocchia o alla casa del popolo, vota felice come in Bulgaria dantan, e paga pure un euro. Ma se tira aria di tempesta e il candidato scelto nel «caminetto» serale dei capi è fragile al limite dellimpresentabile, rischia di non prendere né il voto né tanto meno leuro dei militanti, o peggio ancora si fa sotto un outsider che rischia di mandare allaria il castello di carta, allora si torna alle sicurezze del passato, cari amici e compagni, si porta lunto in Comitato centrale come ai bei tempi e non se ne parla più, te la do io lAmerica. Questa delle Assemblee nazionali poi, è meglio ancora del Comitato centrale di una volta, perché ora sono troppi e più malleabili, digeriscono qualunque piatto scenda dal palco dei big. Scommettiamo? Nel parlamentone interno riunito alla Fiera di Roma anche questa volta Pierluigi Bersani farà un passo indietro, «per non spaccare il partito».
O sì, per fortuna cè Arturo Parisi che non demorde e anzi incalza, direte voi. È vero, come è vero che è lunico rimasto a credere ancora al Partito democratico di ispirazione americana. Ma se è per questo, cè pure Gad Lerner che ha dato appuntamento davanti alla Fiera ai «giovani disposti a proporsi come alternativa di una classe dirigente fallimentare». Saranno in trenta o quaranta, come per Ali Babà. Parisi è più serio e credibile, ma nel Pd è a mala pena tollerato, gli hanno affibbiato il ruolo di Cassandra, è il profeta che indovina sempre le sciagure in arrivo ma non viene creduto. E anche adesso Parisi tuona. Per questo, ha avvertito che se il gruppo dirigente non desiste dalla decisione di ungere Franceschini senza indire elezioni primarie, getterà sul piatto dei tremila anche la sua, di candidatura.
Eppure la logica dovrebbe spalancare gli occhi. Non ai baroni del gruppo dirigente, ormai accecati dal destino che li ha dannati, ma ai militanti? Qualcuno oggi dovrà spiegare perché Veltroni sè dimesso riconoscendo il fallimento della sua gestione, e al suo posto sale proprio colui che ha condiviso maggiormente ogni responsabilità. Implacabile, Parisi gira il coltello nella piaga: «Poiché la legittimazione di Veltroni, come lui ha ripetuto in tutti questi mesi, derivava dal coinvolgimento di una larga base di cittadini, su questa stessa base di cittadini deve essere fondata la scelta del nuovo segretario».
Sì, le primarie, la ggente e la società civile. È stata forse candidata grazie alle primarie la giovane «sconosciuta» Marianna Madia, ex fidanzata del figlio di Napoletano ed ex impiegata di Enrico Letta? E il figlio di Colaninno, che lo hanno fatto pure ministro ombra? E la segretaria di Beppe Fioroni, il portavoce di Franceschini, e via nepotizzando?
Non risulta che i democratici americani abbiano candidato volontari e stagiste dellultimo loro presidente. E daltra parte il partito democratico Usa non potrebbe respirare senza la componente radicale, così come rifiuterebbe ogni legame col dipietrismo: tutto il contrario del nostrano Pd. Ma il guaio vero delle due forze che hanno dato vita al «nuovo» partito è che ognuna ha portato in dote il peggio della sua storia.
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