La notizia sembra quasi insignificante, invece è brutta forte. Sembra che, tra i generi alimentari, quello che nell'ultimo anno ha subito il rincaro più sensibile (22%) sia la pasta.
Come correremo ai ripari? Come faremo per non dover riaprire un altro capitolo del nostro difficile bilancio? Adotteremo la soluzione politically correct, vale a dire mangiarne meno? O ci rassegneremo a un calo della qualità, a marche inferiori?
La tristezza aleggia su tutte le soluzioni. Ecco il disegno malefico: farci diventare tristi.
Medici calvi e altre autorità ci ammoniscono dagli schermi tv: ma lo sapere quanto costa un obeso al Paese? Sapete quanto incide la pastasciutta, annualmente, sui nostri disturbi al cuore, al colon? Sapete quanti aneurismi, ictus, emboli, trombi? Conoscete l'incidenza del vostro vizio sulla sanità pubblica, il suo peso fiscale sul portafoglio di tutti, magri e vegetariani inclusi? Non sanno, o fingono di non sapere, che pasta vuol dire Italia. Fanno finta di niente perché l'Italia dello spaghetto è quella di cui non si vuole più parlare. Il pastasciuttaro ormai non trova più posto nemmeno su Retequattro, nemmeno al Grande fratello.
Ci vogliono tutti alle sei di mattina in tuta al parco, con l'i-pod nelle orecchie e la bottiglietta di acqua non gasata nella borsa. Ci vogliono tutti pronti per un mondo così mostruoso che nessuno si potrà permettere di portare una taglia superiore alla 52.
Tutti a correre da un ufficio all'altro, tutti tesi come corde di violino. Dovremo imparare a parlare più rapidamente per comprimere i tempi, per far stare in un'ora quello che prima stava in due, in tre. Alla razionalizzazione degli spazi seguirà quella del tempo.
Staremo bene? Staremo male? Il problema sarà: dove trovare il tempo per pensarci? Niente tempo, niente domanda. Così non sentiremo più la mancanza di niente, e il bisogno inteso come domanda personale sparirà (insieme con la nostalgia, sua sorella), per rimanere nella forma di una mansione amministrativa. Saremo sollevati da tutti i problemi, finiremo per somigliarci tutti, potremo scambiarci i vestiti l'uno con l'altro.
Questo è il sogno dei nostri nemici, il futuro che sperano di rifilarci. Ma noi pastasciuttari diciamo di no, e al loro sogno opponiamo il nostro, che il grande Aldo Fabrizi espresse con parole memorabili:
«Me pareva de stà su 'na montagna/ e urlavo in un megafono spaziale: 'Popolazione mia che campi male,/ accòstate qua sotto che se magna'.// Poi come fossi er Re de la Cuccagna/ buttavo giù, pe' un'orgia generale,/ valanghe de spaghetti cor guanciale,/ ch'allagavano tutta la campagna.// E vedevo signori e poveretti,/ in uno sterminato affollamento/ a pecorone sopra li spaghetti.// Quann'ècchete dar cielo, sbuca Dio,/ co' un forchettone in mano, e fa: 'Un momento.../ Si permettete ce sto pure io!».
Quanta Italia pulsa in questi versi! Non è l'Italia delle bustarelle, ma quella di Dante e Caravaggio, di Pulcinella e Michelangelo, delle piazze e dei campanili.
Adesso tocca a voi, popolo dei mezzi litri d'acqua, mostrarci di quale bellezza siete capaci.
Luca Doninelli
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