Economia

Adesso anche Fitch taglia, ma l’Italia resta in serie A

Rating da A+ ad A-: "Retrocessione in B scampata grazie a Monti e Bce". Declassati anche Spagna, Belgio, Slovenia e Cipro. Draghi: "Evitata la crisi di liquidità"

Adesso anche Fitch taglia,  ma l’Italia resta in serie A

Un piccolo sconto, un’umiliazione un po’ più sopportabile di quella, bruciante, inflittaci da Standard&Poor’s, che con un secco colpo di scure ci aveva spedito direttamente in serie B. Fitch, la più piccola delle agenzie di rating, riserva invece all’Italia un trattamento meno brutale, declassandola da A+ ad A-, con outlook però negativo. Una seconda retrocessione era però nell’aria ed è stata scansata solo grazie all’accorta regia dell’accoppiata Monti-Draghi. «Un’azione più severa sul rating - spiega l’agenzia - è stata evitata grazie al forte impegno del governo italiano a ridurre il deficit di bilancio e a implementare riforme strutturali, oltre che in virtù del significativo allentamento dei rischi a breve termine nella raccolta di capitali come risultato dell’asta a 36 mesi condotta dalla Bce». Il premier italiano ne ha preso atto: «Da Fitch anche riscontro positivo di quanto fatto».
Sotto il profilo del metodo, Fitch ha fatto le cose per bene: senza lasciar filtrare il minimo spiffero di un’indiscrezione, forse perchè resa cauta dal putiferio di polemiche scatenate da S&P, l’agenzia ha comunicato ieri i «verdetti», peraltro attesi, a mercati ormai chiusi. Con l’Italia subiscono un downgrade anche Spagna, Belgio, Slovenia e Cipro, mentre viene risparmiata la Francia, punita da S&P con la perdita della tripla A. Il nostro Paese paga invece, oltre che l’alto livello di spesa pubblica e del carico fiscale che frenano la ripresa, anche la febbre da spread che comporta «diverse implicazioni» sulla dinamica dei costi del debito pubblico. Ieri però il differenziale Btp-Bund è sceso sotto i 400 punti dopo l’esito positivo dell’asta dei Bot, con gli 11 miliardi di euro di titoli collocati a tassi sensibilmente in calo (il rendimento dei semestrali è calato dal 3,251% del 28 dicembre all’1,969%, ai minimi dallo scorso maggio, mentre quello degli annuali è sceso al 2,214%).
Un ottimo risultato che aveva messo di buonumore le Borse, confortate dalle parole di Mario Draghi dal Forum di Davos sul pericolo scampato di «un’enorme crisi di liquidità» grazie alle aste a rubinetto con cui la Bce ha assicurato 500 miliardi alle banche. Qualcosa, però, è andato storto, visto che Milano ha frenato (-0,81%), imitata da Parigi (-1,3%), Londra (-1%) e Francoforte (-0,43%). Colpa del dato preliminare sul Pil Usa del quarto trimestre 2011, archiviato con una crescita del 2,8%, inferiore alle attese degli analisti che puntavano su un rotondo 3%. La crescita 2011 si è così attestata su un «modesto» (per gli standard Usa, intendiamoci) 1,7%, rispetto al +3% del 2010 con cui l’America aveva celebrato l’uscita dall’incubo dei mutui sub prime.
Altri contraccolpi sono attesi quest’anno. Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, ha citato mercoledì sera «i venti contrari che arrivano dall’Europa». A conferma delle incertezze che pesano sulla ripresa, la banca centrale ha deciso di mantenere i tassi a livello zero per almeno un altro biennio. Il 2012, osservano gli analisti, è un anno elettorale e l’incertezza politica aumenterà. Lo stimolo fiscale è stato ridotto e la recessione in Europa sta avendo un impatto sugli scambi commerciali e sulla fiducia. E poi resta aperta la partita della disoccupazione.
Lunedì prossimo gli occhi dei mercati saranno comunque puntati sulla riunione dell’Ue, preceduta da una trilaterale fra Germania, Francia e Italia. Un allargamento positivo perché supera la diarchia Parigi-Berlino. Una maggiore coesione è ciò di cui l’euro zona avrà bisogno per blindare la versione definitiva del Patto di bilancio e per stabilire importo e poteri del nuovo fondo salva-Stati. Dall’esito del vertice (e da un accordo tra Grecia e creditori privati) dipenderà in buona misura la riuscita dell’asta di Btp a cinque e dieci anni di lunedì (offerta tra sei e otto miliardi). Per il debito italiano sarà la prima vera prova del fuoco del 2012.

Quelle più dure arriveranno in febbraio, quando il Tesoro dovrà rimborsare Btp, Cct e Ctz per 91 miliardi.

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