Adesso l’euro è più forte, ma non è ancora al sicuro

Gli Stati Uniti possono fallire? Un incubo che il presidente Obama adesso teme possa diventare realtà, dopo che i repubblicani hanno clamorosamente interrotto le trattative per alzare il tetto del debito: la scadenza del 2 agosto si avvicina e lo spettro del default incombe, costringendo il presidente americano a convocare immediatamente i leader del Congresso per sbloccare la situazione. I toni sono da allarme rosso: «Non bisogna giocare con il fuoco - afferma il comunicato della Casa Bianca -. Come l’attuale situazione mostra chiaramente, sarebbe irresponsabile mettere a rischio il Paese e l’economia. Il Congresso dovrebbe smetterla con giochi politici irresponsabili con la nostra economia. E dovrebbe fare il suo lavoro, evitando il default e riducendo il deficit»..
Le trattative sono dunque ripartite: i negoziatori democratici e repubblicani al Congresso sono al lavoro ininterrottamente, dal momento in cui si è concluso il vertice lampo tra il presidente e i leader del Congresso, compreso lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, l’uomo che ha sbattuto la porta in faccia a Obama abbandonando i negoziati in corso. «Non abbiamo trovato una connessione - ha detto -. Non a causa delle nostre personalità ma a causa delle differenti visioni del paese». Obama e Boehner - secondo indiscrezioni - stavano trattando un piano con tagli da 2.700 miliardi di dollari ed entrate per 800 milioni di dollari.
Il clima di tensione comunque resta, nonostante le rassicurazioni del leader dei democratici alla Camera, Nancy Pelosi, sulla possibilità di raggiungere almeno la cornice dell’accordo entro oggi: i repubblicani continuano a opporsi alla richiesta della Casa Bianca di un aumento delle tasse sui redditi più alti e chiedono invece un taglio alla spesa maggiore dell’aumento del tetto richiesto. Il numero uno della minoranza in Senato, Mitch McConnell, si è comunque impegnato a lavorare a un piano bipartisan che eviti il default e riduca le spese.
E ora l’attenzione delle Borse di tutto il mondo è puntata su Washington: un default, o anche solo un declassamento del rating sovrano degli Usa, avrebbe effetti a cascata sul costo del denaro e su tutta l’economia mondiale da far impallidire il ricordo della crisi greca. Gli operatori faticano ancora a crederci, ma il tempo stringe: se il tetto del debito non sarà aumentato, la prima scadenza per il Tesoro americano sarà il 4 agosto con 87 miliardi di dollari di debito a maturazione. E il presidente della Fed, Ben Bernanke, ha già avvertito: «Voglio evitare di creare molte aspettative. La Fed non ha strumenti per controbilanciare l’impatto di un default». La legge infatti prevede che la banca centrale possa acquistare titoli di stato ma solo sul mercato aperto, ovvero dagli investitori e non direttamente dal Tesoro.
Che il rischio sia considerato reale, comunque, lo dimostra l’incontro di venerdì scorso tra lo stesso Bernanke e il segretario al Tesoro Tim Geithner, proprio per discutere l’impatto di un possibile default sull’economia e valutare piani di emergenza. La Casa Bianca, dal canto suo, non intende accettare un’estensione a breve termine del tetto del debito Usa, perché porterebbe più effetti negativi che positivi.

Un’estensione temporanea infatti potrebbe danneggiare il rating sugli Usa e costringere gli americani a pagare tassi di interesse più elevati. Obama vuole quindi che l’aumento del limite del debito duri almeno fino alla fine del 2012, mentre i repubblicani hanno parlato di un periodo più breve.

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